
Serata eccezionale questa che mi ha portato alla Scala nonostante il nuovo peggiorare della situazione pandemica. Non nascondo che ho timore se e quando mi sposto ma, come diceva mio suocero riferito al cibo, “Io voglio morire con la pancia piena!”. La musica per me è come il cibo quindi mi armo di tanta pazienza e cerco di stare il più attento possibile e vado…per “riempirmi la pancia”! La serata vedeva la presenza di una fuoriclasse come Waltraud Meier che avevo ascoltato purtroppo solo due volte in teatro in tempi recenti e tutte le due volte nello stesso ruolo: Clytenmnestra nell’Elektra di Strauss a Bacellona e a Milano nella splendida produzione di Patrice Chereau. Con lei il basso Günther Groissböck che, come si evince dai miei scritti precedenti, è uno dei miei cantanti preferiti dei nostri tempi. Erano accompagnati dal pianista Joseph Breinl.

Il programma comprendeva lieder di Hans Rott, Anton Bruckner, Hugo Wolf e Gustav Mahler, tutti compositori che, nella loro carriera, hanno dato al lied una grande importanza. Nella prima parte Groissböck ha interpretato tre lieder di Rott, due di Bruckner e i Drei lieder nach Gedichten von Michelangelo di Wolf. La Meier una serie tratta dai Mörike lieder di Wolf. Nella seconda parte tutto Malher con lieder tratti da Das Knaben Wunderhorn. Confesso che non conoscevo Hans Rott e sono rimasto molto colpito dall’originalità e, soprattutto da come è trattato il pianoforte nelle sue composizioni. Rott, protagonista del lied viennese, come gli altri tre, era l’unico e vero allievo di Bruckner. Molto dotato, e lo si capisce dalla scrittura di questi lieder, ma anche molto ambizioso si gettò a capofitto nella composizione di un genere, la sinfonia, che era giudicato come un traguardo quasi impossibile da raggiungere. Bocciato in questo senso da Brahms impazzì e morì precocemente a soli venticinque anni. Degli altri è inutile parlare, sono troppo conosciuti. Unico e strano tragico particolare, Wolf morì folle come Rott. Di questi quattro compositori, Wolf è quello che più dedicò la sua attenzione al lied. Ne scrisse circa trecentoquaranta. Bruckner fu più interessato al sinfonismo non cercando nel lied nessun tipo di sperimentazione e Mahler cercò di trovarne una mediazione a livello sinfonico tanto che la maggior parte delle composizioni eseguite in questo concerto ebbero anche una trascrizione orchestrale.

Che dire di Waltraud Meier. La grande cantante tedesca presenta oggi una vocalità affievolita rispetto a quella che ci aveva abituato ma, con il repertorio che ha frequentato in tutta la sua carriera si dimostra ancora molto solida e, soprattutto, lo stile e la classe non si perdono certamente con l’età, anzi, se possibile, ne sono ancora più esaltati.

Gunter Groissböck è per me oggi un cantante di riferimento nel repertorio romantico e post romantico tedesco. Ho avuto la fortuna di ascoltarlo come Heinrich nel “Lohengrin”, Ochs nello straussiano “Rosenkavalier”, come Spirito delle acque nella “Rusalka” di Dvorak, in una splendida Liederabend alla Scala e nella “Creazione” (Die Shöpfung) di Haydn dove mi aveva sorpreso veramente per come era riuscito a piegare il suo imponente strumento alla scrittura vocale settecentesca. Questa sera ha mostrato come sempre una vocalità “sana”, importante ed omogenea in tutti i registri e qualità interpretative fuori dal comune caratterizzando adeguatamente ogni composizione affrontata.

Notevole l’apporto pianistico di Joseph Breinl, pianista che sta dedicando la maggior parte della sua attività professionale a questo tipo di repertorio accompagnando in concerto solisti di grande fama.
La serata si è conclusa con tre bis: Groissböck con un commovente An die Musik di Schubert e la Meier con uno sconvolgente Erlköng sempre di Schubert, eseguito con una tale intensità da far rimanere incollati alla potrona. Esecuzione veramente degna di una grande interprete. Insieme hanno eseguito un duetto sempre di Mahler…presumo…in quanto non è stato annunciato ma era sicuramente nello stile.

Questo concerto vedeva anche l’ultima esibizione in Italia della Meier, come da lei annunciato qualche giorno fa. Durante gli applausi finali il sovrintendente e direttore artistico Dominique Meyer ha ringraziato l’artista ricordando la sua lunga collaborazione con il Teatro alla Scala e le ha donato come simbolo un manifesto di una produzione di “Die Walküre” dove lei cantò Siegliende. La Meier, scusandosi per il suo italiano definito da lei stessa “non bene”, ha ringraziato il pubblico della Scala per la “fideltà” dimostrata in tutti questi anni dicendo che non se ne dimenticherà mai! Un pubblico molto partecipe e plaudente ha premiato giustamente i due artisti.



Ho atteso gli interpreti al termine che si sono dimostrati, nonostante il momento difficile, molto gentili e disponibili con chi li aspettava, firmando programmi di sala e locandine. Con Groissböck ormai ci conosciamo ed era molto contento di vedermi…soprattutto in salute!

Solita nota polemica. E’ noto che questo repertorio in Italia non ha avuto mai molto seguito ma, solo per il nome degli interpreti, avrebbe meritato una sala piena. D’accordo che c’è in giro tanta paura per un eventuale contagio ma io continuo a pensare che, come pubblico, il rischio in teatro sia veramente minimo. Resto comunque dell’idea che la latitanza sia dovuta all’ignoranza, relativamente a questo repertorio, del pubblico italiano. Peccato! Date loro dei Rigoletti e Boheme con cast mediocri ed avrete sempre il teatro pieno! E’, purtroppo, la verità!
Prossimo appuntamento, incrociando le dita, “Capuleti e Montecchi” sempre alla Scala con Lisette Oropesa e Marianne Crebassa. Già c’è stato un avvicendamento alla direzione d’orchestra: Speranza Scappucci subentra ad Evelino Pidò…speriamo in bene. Next!