Milano La Scala Donizetti Lucia di Lammermoor 29 Aprile 2023

Programma di sala
Locandina

L’opera da me ascoltata questa sera si sarebbe potuta intitolare “Riccardo di Lammermoor” in quanto la solita direzione a senso unico di Chailly non lasciava praticamente spazio ad altro che non a lui e meno male che, nonostante ciò, le grandi personalità di Lisette Oropesa, Juan Diego Florez e Michele Pertusi sono riuscite ad emergere. Tutte le volte che vedo dirigere Chailly ho esattamente la stessa impressione: “Conto solo io e degli altri mi interessa poco”, un po’ alla Riccardo Muti del quale però non ha la pur minima qualità. Non facile da gestire una cosa del genere quando si parla di opera lirica. Muove l’orchestra come se si trattasse di un poema sinfonico di Strauss tentando spesso di affossare le voci e chi più ne ha fatto le spese è stato il povero Florez. Unico pregio quello di aver proposto un’edizione integrale e un’edizione critica che comunque vede solo qualche differenza nello strumentale, qualche frase in più nei ruoli di Lucia e di Raimondo e qualche parola diversa (vedi per esempio: “mi drizza in fronte il crin” invece di “solleva in fronte il crin” nell’aria di Enrico “cruda funesta smania”….capirai! Un po’ come quando uscì l’edizione critica di Rigoletto e si gridò al miracolo perchè il Duca diceva “Tua sorella e del vino” anziché “Una stanza e del vino”…surreale. Comunque non si affronta così il repertorio belcantistico ottocentesco. La Lucia diretta da Yurkevich a Nizza non aveva le compagini della Scala ma era tutt’altra cosa. Chiudo qui con la speranza di non vederlo più dirigere se non purtroppo per produzioni che vedano cantanti di mio interesse perché ricordiamolo: per dirigere l’opera ci vuole un bravo direttore che la ami ma soprattutto ci vogliono i cantanti!

Riccardo Chailly

Lo spettacolo di Yannis Kokkos fa parte di quelle produzioni che non disturbano ma dicono comunque poco. Ovviamente la vicenda è spostata in altra epoca (non facciamoci mai mancare questo particolare). Le scene sono scure ed i cantanti hanno sempre addosso una luce bianca “sparata”. Una sorta di monotonia generale. Meno male che la Oropesa ha un fisico che le permette di essere elegante e di indossare qualsiasi cosa altrimenti sai che dolori con quegli abitini anni ’20.

Applausi finali

Buona, come sempre, la prova del coro istruito da Alberto Malazzi.

Coro del Teatro alla Scala
Coro maschile con il Maestro Alberto Malazzi

Passiamo alle voci. Nella tradizione il Normanno qui interpretato, per chi lo sentiva (!), da Giorgio Misseri. Questo cantante da me ascoltato (!) anni fa a Roma in un ruolo importante in Fra Diavolo di Auber non è sicuramente all’altezza di un ruolo, seppure di comprimario, in una produzione di un teatro come quello della Scala.

Giorgio Misseri

Stesso discorso vale per Leonardo Cortellazzi nel ruolo di Arturo, forse un gradino sopra Misseri ma la solfa è la stessa.

Leonardo Cortellazzi

Di rilievo invece l’Alisa di Valentina Pluzhnikova, allieva dell’Accademia del Teatro alla Scala, qui molto impegnata in quanto, con l’esecuzione integrale del concertato, il ruolo assume uno spessore che con i tagli di tradizione non ha.

Valentina Pluzhnikova

Raimondo era Michele Pertusi che conosco molto bene e con il quale ho avuto l’onore di cantare tanti anni fa. Le sue prestazioni sono sempre di alto livello ed anche in questa occasione emergono la sua solidità vocale e la sua cifra interpretativa. Da al personaggio una grande dignità eseguendo, nell’integralità della produzione, anche la scena che segue il duetto fra Lucia ed Enrico spesso omessa. Bravo!

Michele Pertusi
Michele Pertusi

Enrico era il baritono russo Boris Pinkhasovich. Francamente non ne sapevo nulla infatti credo sia la seconda volta che canti in Italia. La prima, sempre alla Scala, in Boheme poi solo teatri europei con un repertorio prevalentemente russo. E’ corretto, onesto ma nulla di più. Attualmente qualche baritono buono circola quindi non vedo l’utilità di scomodare questo cantante per quella che voleva essere una produzione “memorabile”. Se volevano renderla memorabile avrebbero dovuto scritturare Teziér per esempio.

Boris Pinkhasovich
Boris Pinkhasivich

Quello che sto per scrivere mi da un poco dispiacere in quanto sono sempre stato un grande ammiratore di Juan Diego Flòrez. Lo conobbi appena arrivato in Italia al seguito del suo Maestro Ernesto Palacio, peruviano come lui. Avevo da poco registrato una Passione di Mayr con Palacio che fu con me prodigo di consigli durante l’incisione. Incontrai Ernesto poco tempo dopo da Ricordi a Milano e mi presentò questo giovane tenore dicendomi: “Sentirai parlare di lui”. Così fu. La prima volta che ascoltai Flòrez fu a Genova in “Cenerentola”. Forse aveva 23 anni. Rimasi colpito dalla bellezza del timbro, dalla fluidità e precisione della coloratura e dalle qualità interpretative. In seguito tante altre produzioni. Mi piace ricordare una spettacolare “Donna del Lago” in forma da concerto sempre a Genova ed ancora a Genova “Fille du Regimént” e “Sonnambula” a Barcellona. Qui, a cinquant’anni, ritrovo tutte le caratteristiche che me lo hanno fatto sempre amare ed una freschezza vocale veramente invidiabile. Capisco pure che con la maturità un cantante desideri cimentarsi anche in un altro repertorio oltre a quello che lo portato al grande e meritatissimo successo ma Edgardo non fa per lui. Manca proprio quello spessore vocale che lo avrebbe visto trionfatore anche stasera. Non aiutato dal direttore che, come ho già scritto, ha in diverse occasioni tentato di affossare tutti, è quello che ne ha sofferto di più. In molte parti dell’opera non si sentiva e tutte le sue splendide intenzioni vocali e di interpretazione spesso si perdevano nel vuoto. Ovvio che la ripresa televisiva della prima non poteva evidenziare tutto ciò ma un orecchio attento (quale io con un po’ di presunzione o forse esperienza credo di avere) lo poteva prevedere. Ho cercato lo stesso, durante la recita, di concentrarmi su quelle che sono le sue indiscutibili qualità ma il dispiacere nel dover constatare quanto ho scritto è stato grande. Detto ciò lo amo lo stesso!

Juan Diego Flórez
Juan Diego Flórez

Lucia era Lisette Oropesa da me già ascoltata esattamente un anno fa nello stesso ruolo a Vienna. La sorpresa continua. La voce, senza aver perso nessuna delle sue caratteristiche, si è scurita dando a questo ruolo forse il colore e lo spessore ideale. Ricordo a chi non lo sa che la scrittura vocale di Lucia è quella di un soprano lirico e che, in tempi successivi alla sua prima esecuzione, divenne “preda” dei soprani leggeri che spesso erano in difficoltà nelle parti centro gravi del ruolo modificandone alcune parti ed aggiungendo puntature e cadenze che dovevano sopperire a questa mancanza. In questa edizione Lisette (o il direttore?) opta per una breve cadenza al termine della prima parte della famosa Scena della Pazzia, qui eseguita con la Glassarmonica o Armonica a Bicchieri (a proposito: o sono orbo io o nel programma di sala e sulla locandina non trovo il nome dell’esecutore). Avendola ascoltata nelle due versioni, a Vienna tradizionale e qui rivista sull’autografo, devo dire che l’ho apprezzata in tutte e due le circostanze. Meno “pirotecnica” questa ma forse ancora più approfondita dal punto di vista interpretativo. Interpretazione che emerge in maniera esponenziale grazie ad una scenografia pressoché inesistente e questo è per me un suo grande merito. La sua Lucia è molto “nervosa” fin dalla sua prima entrata. Come può non essere già pazza una che vede l’acqua di una fontana trasformarsi in sangue? Man mano che l’opera va avanti questo squilibrio è sempre più evidente fino a sfociare in una scena della pazzia per me indimenticabile e veramente commovente. Con lei ogni parola ha un senso come pure ogni gesto. Essendo eseguito anche il recitativo tra Raimondo, Enrico e Normanno, che segue la cabaletta “Spargi d’amaro pianto” risulta logico non vederla stramazzare al suolo dopo il bellissimo Mib sopracuto (!) ma, invece vederla rimanere in piedi allucinata e scortata poi fuori da Alisa e dalle Dame del castello. La carriera di Lisette vedrà sicuramente nuovi importanti debutti. Le ho visto consegnare lo spartito di un’opera che amo molto ma che non nomino perché magari a lei non fa piacere parlarne già…ma spero tanto che appena le si presenti l’occasione affronti questo ruolo. Sicuramente il prossimo anno debutterà Matilde nel Guglielmo Tell a Vienna e li spero di poter andare: “Wenn Gott will”, come diceva la Gruberova.

Lisette Oropesa
Lisette Oropesa

Inziando lo spettacolo alle 20 (ma quando si decideranno i teatri in Italia ad iniziare almeno un’ora prime le recite serali? Non basta farlo con Wagner! Bisogna farlo sempre!), per poterla salutare, abbiamo chiesto a Lisette di poter accedere ai camerini anche perché, saremmo stati sepolti dall’orda di cinesi piazzati davanti all’uscita di Via Filodrammatici e avemmo perso così l’ultima metro per andare a recuperare l’auto a Famagosta! Lei e Steven, il marito, sono due persone deliziose e sono sempre gentilissimi. Io ormai la conosco e la seguo dal 2019 ed ogni volta è un piacere incontrarla e scambiare qualche opinione con lei. Nei camerini è più facile. Salutati anche Flòrez e Pertusi siamo letteralmente volati alla metropolitana dove abbiamo preso l’ultimo treno previsto.

Con Lisette Oropesa
Con Lisette Oropesa sempre gentile e paziente.
Con Juan Diego Flórez
Flórez firma gentilmente il programma di sala

Le mie prossime cronache mi vedranno a Salisburgo in agosto. Rilassatevi dunque. Non vi tedio per un po’! Next.

Giulio Ricordi
Manifesto
La Scala
La Scala dalla mia postazione

R. Wagner “Die Walküre” Napoli Teatro di San Carlo 23 Aprile 2023

Programma di sala

Eccomi a Napoli dove mi sono recato, in verità, per motivi non operistici. Lo scorso settembre, in occasione de I Puritani, non ero riuscito ad andare a visitare gli scavi di Pompei come avrei desiderato ed ho approfittato di questi giorni di festa per farlo unendo anche una visita alla Reggia di Caserta. Già che ero in zona ed al S. Carlo si rappresentava Die Walküre, una delle mie opere preferite (ma quali sono quelle che non mi piacciono?) ho deciso, all’ultimo momento, di provare a cercare dei biglietti e li ho trovati.

Locandina

Non mi dilungherò molto. Che c’è da dire che non è stato detto di quest’opera e dell’importanza che il “Ring” ha nella storia della musica? Mi limiterò ad una cronaca della serata.

Manifesto

Parto dal direttore, Dan Ettinger che ha un curriculum nutritissimo che lo porta alla direzione d’orchestra attraverso lo studio del pianoforte e del canto. Israeliano di origini rumene, dopo aver cantato nel coro di Tel Aviv Opera ne è diventato direttore ed in seguito è stato assistente di Barenboim alla Staatsoper Unter den Linden di Berlino. Ha diretto nei più importanti teatri del mondo e dal Giugno 2021 è direttore musicale al San Carlo. La sua direzione mi è piaciuta molto. Ha dato grande risalto all’orchestra soprattutto nei momenti sinfonici dell’opera ma senza mai soverchiare le voci. Probabilmente, avendo un passato di cantante, ha presente cosa vuol dire essere soffocato da una marea di suono che è tipico di questo tipo di orchestrazione. La buca del San Carlo che è veramente grande sembrava affollatissima e non poteva contenere nemmeno più uno spillo!

Dan Ettinger

La produzione di Federico Tiezzi già ospitata al San Carlo in altre due occasioni mi è piaciuta. Moderna ma rispettosa e molto elegante. Bellissimi i costumi di Anna Buzzi come le luci di Gianni Pollini. Se in uno spettacolo che dura cinque ore questi dettagli venissero a mancare per me sarebbe una vera tragedia. Questa è un’occasione in cui nessuno potrà affermare che io sono biecamente legato alla tradizione. Se la modernità ha un senso mi piace e qui il senso c’era.

Finale
Wotan a colloquio con Brünnhilde
Le Walkirie nascondono Brühnnhilde
Siegmund e Sieglinde

Il cast vedeva la presenza della superstar Jonas Kaufmann nel ruolo di Siegmund. Confermo l’impressione avuta a Verona due anni fa. Ovviamente qui la voce era favorita da un’acustica eccezionale. Mi sono trovato davanti ad un grande artista che “canta” questo ruolo e non urla in maniera stentorea le note. Si commuove e commuove quindi lascio ai signori “so tutto io” il compito di vivisezionarlo ed io tengo per me le ondate di emozione che mi ha trasmesso…fino alla lacrime.

Jonas Kaufmann

La sua compagna di sventura Sieglinde era il soprano lituano Vida Miknevičiūtė. Confesso di aver visto un video di una sua Salome finlandese e di esserne rimasto poco impressionato, vuoi anche per il solito allestimento inutile ma, spinto dall’entusiasmo di un mio allievo che reputo molto intelligente che la sentì l’anno scorso sempre in Salome alla Scala, l’ho ascoltata in modo totalmente neutrale come faccio sempre quando sento per la prima volta una voce in teatro. Aveva ragione il mio allievo. Timbro molto bello. Voce di spessore. Qualità interpretative eccezionali. Il duetto che chiude il primo atto “Wintersturme wichen dem Wonnemond” ha visto i due cantanti gareggiare in bravura. Il suo intervento nel terzo atto “Nicht sehre dich Sorge um mich” sembrava un qualcosa di ultraterreno e mi ha portato a lacrimare (niente di nuovo per me!). Mi piacerebbe molto ascoltarla nel ruolo di Senta del Fliegende Holländer.

Vida Miknevičiūtė

Fricka era il mezzosoprano Varduhi Abrahamyan. Ero un po’ perplesso perchè so che normalmente affronta altro tipo di repertorio legato a Rossini ed al belcanto ma è stata assolutamente convincente sia vocalmente sia interpretativamente nel ruolo della moglie tradita di Wotan che, implacabilmente, chiede giustizia per l’incesto commesso dai due sciagurati fratelli, figli umani di Wotan, e per il tradimento di Sieglinde, già sposa di Hunding, seguace di Fricka stessa.

Varduhi Abrahamyan

Wotan era il baritono inglese Christopher Maltman. Ottima tenuta vocale in un ruolo affrontato spesso anche da voci di basso in quanto scende parecchio. Commovente nel racconto che fa a Brünnhilde circa la sua difficile posizione per la quale deve ubbidire alle leggi contro il suo desiderio di salvare Siegmund nel combattimento che egli avrà con Hunding. Mi ha veramente colpito.

Christopher Maltman

Hunding era il basso canadese John Relyea. Voce imponente quale il ruolo richiede e fisico altrettanto imponente. Una delle più grandi voci di basso da me ascoltate ultimamente. Perfettamente calato nel ruolo.

John Relyea

Discretamente amalgamato il gruppo delle walkirie con voci più o meno interessanti composto da Nina Maria Fisher, Miriam Clark, Margarita Gritskova, Christel Loetsch, Regine Hangler, Julia Rutigliano, Edna Prochnik e Marie Luise Dreßen.

Le Walkyrie

Lascio per ultima la protagonista. Brünnhilde era interpretata da Okka von der Damerau. Ero un poco perplesso perché conoscevo questa cantante come mezzosoprano ed interprete anche di ruoli contraltili quale per esempio Ulrica in Un Ballo in Maschera. Devo dire che, dopo un inizio un po’ avventuroso, man mano che l’opera andava avanti è stato tutto un crescendo. La voce è molto bella e tecnicamente capace di gestire le varie zone della gamma. A parte il finale che sempre mi commuove (e chi non si commuove con L’Addio di Wotan e l’Incantesimo del Fuoco?) mi ha colpito molto la scena del secondo atto in cui appare a Siegmund per annunciargli la morte durante il combattimento e la sua decisione successiva di disobbedire al padre per salvare i due fratelli amanti frapponendosi fra Siegmund e Hunding commossa dall’amore che i due provano uno per l’altra.

Okka von der Damerau
Okka von Der Damerau

Solita attesa finale degli interpreti che ho potuto conoscere e salutare tranne Kaufmann e la Abrahamyan che, terminando con il secondo atto ed avendo qui ripristinato gli applausi ad ogni fine atto, erano già andati via.

Ogni volta che ascolto Wagner scopro qualcosa di nuovo. Sono affascinato da questo compositore che ho scoperto da adulto e che, anni fa, mi ha fatto arrivare fino a Bayreuth in quella che è stata una delle serate più emozionanti della mia vita di ascoltatore.

Incantesimo del Fuoco
Con Vida Miknevičiūtė
Con Christopher Maltman
Con Okka von Der Damerau

Sabato prossimo in Scala per Lucia con Oropesa e Florez. Vista e sentita in TV, spero di ricredermi sulla solita direzione autoreferenziale di Chailly ma ci credo poco.

Lo splendore del Teatro di San Carlo
Finale

Sori (Ge) 13 Aprile 2023 Un concerto per Birthe…

Foto di gruppo del concerto del 13 Aprile

Come è noto su questo blog scrivo cronache operistiche e raramente parlo di qualcosa che possa riguardare me. Questa è un’eccezione dovuta, non a me ma ad una persona speciale: Birthe Frisenette.

Con Birthe davanti a San Lorenzo a Genova

La mia conoscenza con Birthe inizia nel 1998 quando il baritono Thomas Andersson, allievo di Guglielmo Gazzani (con il quale mi stavo perfezionando), mi chiese di andare con lui in Danimarca per cantare Dulcamara nell’Elisir d’Amore in un contesto inconsueto: opera eseguita con il pianoforte ma con scene e regia all’interno di un piccolo Festival delle Arti che si svolgeva in una tenda da circo, la classica tenda a righe bianche e rosse nella quale si alternavano spettacoli di vario genere: musica pop, musica folk, musica da camera ed una serata d’opera più due concerti. Non avendo altro in quel periodo accettai con l’entusiasmo che mi ha sempre contraddistinto dal momento che ho intrapreso questo percorso artistico. La situazione era discretamente surreale in quanto questa tenda era collocata in una zona con poche case, dove c’erano solo mucche, prati e vicino il mare. Grande fu la sorpresa nel constatare quanto pubblico aveva attirato questo evento. In questo frangente conobbi Birthe ed il marito Holger che, quali membri importanti dell’associazione “Amici della lirica” di Aarhus, la città più grande vicino a questa località, fungevano da tramite tra noi cantanti e l’organizzazione che era gestita da un noto ceramista danese. Facemmo subito amicizia scoprendo di avere una cosa importante in comune, quella di avere perso un figlio. Thomas quell’anno ebbe problemi con l’organizzazione e mi chiese se per l’anno successivo potevo essere interessato a prendere in mano la situazione ed occuparmi della cosa. Accettai e proposi Don Pasquale come opera e due concerti, uno pomeridiano di arie da camera ed un gala serale di arie e duetti d’opera. Funzionò e l’amicizia con i Frisenette si consolidò.

Con Elena , Gualtiero e Jacopo in occasione delle nostre Nozze di Figaro

L’anno dopo l’organizzatore danese fallì quindi questa avventura sembrava essere arrivata al capolinea ma ad Holger e Birthe non andava di rinunciare alle loro serate d’opera quindi mi invitarono nel mese di Aprile per un mio concerto sponsorizzato dagli Amici della Lirica nello splendido teatrino della “Città Vecchia” di Aarhus e contestualmente mi portarono a visitare un posto che, secondo loro, poteva essere un’alternativa alla tenda. Si trattava di un centro sportivo di vacanza sito nella loro area che si chiama tuttora Fuglsøcentret ma è diventato un hotel di lusso, dotato di palestre, grandi spazi all’aperto per lo sport ed…un bellissimo auditorium.

Il Fugløcentret

Quell’anno nacque questa nuova avventura. Iniziammo con L’Italiana in Algeri. Il gestore del centro che assecondò i Frisenette per un’antica amicizia era comunque perplesso tanto da regalare biglietti pensando di non avere pubblico. La sera della recita furono costretti a mandare via più di cento persone! Da li siamo arrivati, con uno spostamento in altra location per tre anni, al 2018, anno in cui si è conclusa quest’avventura con, forse, la più bella produzione d’opera che abbiamo creato: Les Contes d’Hoffmann.

Con Ilaria Lucille De Santis e Laura Romo ne
Les Contes d’Hoffmann

Inutile dire che l’amicizia con Holger e Birthe negli anni si è consolidata e abbiamo sempre considerato loro la nostra famiglia in Danimarca come loro hanno sempre considerato noi la loro famiglia in Italia.

Holger e Birthe con me e Paola Cigna in occasione di un concerto a Genova

Nel corso degli anni Radio e Televisione Danese si sono interessati alle nostre attività e le nostre piccole produzioni d’opera sono cresciute spostando gli spettacoli ed i concerti dall’auditorium ad una della grandi palestre dove veniva allestito un palcoscenico apposta. I primi anni sono stati duri per me perché dovevo pensare a tutto arrivando poi a cantare letteralmente stremato. Nel tempo i miei figli sono cresciuti ed hanno iniziato a partecipare alle “spedizioni” aiutandomi e manlevandomi da molte incombenze. Nel 2001 ho iniziato ad insegnare in Conservatorio. Questo mi ha dato la possibilità di portare con me allievi “pronti” per fare le loro prime esperienze “sul campo” ed anche capire se effettivamente questa fosse la loro strada. I miei figli sono cresciuti ed il loro aiuto è stato sempre più grande. Gualtiero ha cominciato ad occuparsi della regia degli spettacoli ed Elena a realizzarne i costumi. Jacopo curava l’aspetto musicale. Abbiamo avuto la fortuna di avere Enrico Grillotti al pianoforte fin dal primo anno che si è sempre occupato della preparazione dei cantanti garantendo, alla fine, un buon livello esecutivo.

Enrico Grillotti

Negli anni della nostra attività siamo sempre andati a cantare, in uno dei nostri giorni liberi, presso una casa di riposo che ospitava anche malati terminali. Uscivamo con il cuore piccolo ma con la certezza di aver regalato un sorriso a chi soffre. Il tutto sempre organizzato dall’ instancabile Birthe!

All’ “Hospice”

In tutto ciò Birthe ed Holger ci sono sempre stati vicino con affetto, attenzione e partecipazione! Birthe aspettava ogni anno, dopo aver deciso quale opera rappresentare, la lista degli oggetti e degli eventuali elementi di scena che ci occorrevano muovendosi nella sua area con determinazione e “mettendo a perdere” vicini e conoscenti fino al raggiungimento dell’obiettivo, inviando fotografie degli oggetti trovati per vedere se andavano bene! Una vera “macchina da guerra”. Negli anni Holger e Birthe sono venuti in Italia varie volte per visitare il nostro Paese del quale Birthe soprattutto è letteralmente innamorata. Elena quando era ancora bambina rimase in vacanza da loro. In quella circostanza le fecero visitare tutto il Paese. Diciamo che ci siamo adottati reciprocamente.

Come ho scritto nel 2018 questa avventura operistica è terminata ma non il nostro legame con i Frisenette. Arriva la pandemia. Purtroppo il Covid si porta via Holger che già aveva problemi di salute di altro tipo da tempo.

Elena e Birthe in occasione della nostra visita nell’agosto 2022

La scorsa estate Elena ed io decidiamo di andare a trovare Birthe. Nonostante gli eventi ed i suoi 87 anni abbiamo trovato la Birthe combattiva di sempre che, tra le altre cose, aveva manifestato il desiderio di venire ancora in Italia (!) ma al momento aveva il passaporto scaduto.

Le rovine del castello di Kalø metà spesso di nostre passeggiate

Circa un mese fa mi ha scritto comunicandomi di essere in possesso del nuovo documento dicendomi: “Se mi volete vengo!”. Detto fatto. Viaggio organizzato…nel frattempo gli anni sono 88!

Al Carlo Felice in occasione de i due Foscari con Guido Palmieri

A Gualtiero ed a me viene l’idea di organizzare per lei un concerto a sorpresa. Provo a contattare molti dei cantanti che negli anni si sono avvicendati nelle nostre produzioni ricevendo molte adesioni che hanno confermato il loro affetto per lei ed i bei ricordi delle esperienze vissute in Danimarca.

Locandina del Concerto

Il concerto ha preso forma e si è concretizzato il 13 Aprile scorso. Hanno partecipato: l’insostituibile Enrico Grillotti, Matteo Armanino, Daniele Buttafava, Sara Cappellini Maggiore, Ilaria Lucille De Santis, Cristiana Emoli, Luca Gallo, Lilia Gamberini, Andrea Lanzola, Stefania Pietropaolo, Filippo Pina Castiglioni, Roberto Romeo, Laura Romo Contreras, Camilla Tognoni, Wang Yulin e Zhang Jing. Assenti per motivi di lavoro e salute Alessandro Fantoni, Valentina Porcheddu, Stefania Bardelli e Lorenzo Liberali. Tanti altri avrebbero voluto partecipare ma impegnati professionalmente altrove.

Consegna della targa da parte di Gualtiero, presidente della nostra associazione OperaOpera

E’ stata una serata emozionante per tutti noi e soprattutto per Birthe che sicuramente non se l’aspettava di certo. Le abbiamo consegnato una targa ricordo a segno della nostra riconoscenza per quanto ha fatto per noi in tutti quegli anni. Lei ricordava perfettamente di tutti quanti e per tutti ha avuto un’espressione di affetto come dell’affetto di tutti è stata circondata.

Il nostro affetto circonda una Birthe sorpresa ed emozionata

Il 14 Aprile è tornata nella sua Danimarca portando con se questo bel ricordo e lasciando a noi la certezza di averle fatto cosa grata. Grazie Birthe per tutto quello che hai fatto per noi! Ti vogliamo bene!

G. Verdi “I due Foscari” Genova Carlo Felice 8 Aprile 2023

Programma di sala

Cronaca breve in quanto dello spettacolo ho già parlato a proposito della recita alla quale ho assistito il 1 Aprile. Oggi ho ascoltato il primo cast. E’ veramente un’occasione eccezionale per Genova quella di questa produzione che vede presenti artisti di prima qualità in tutti e due i cast. Normalmente qui di due cast non se ne fa uno! Tornato quindi per questa situazione particolarmente interessante ed anche perché ho ospite una mia amica danese, appassionatissima d’opera, che alla bella età di 88 anni ha deciso di farsi un giro in Italia…ma di lei e della storia che ci riguarda parlerò nella prossima cronaca.

Applausi finali

Qui i tre protagonisti erano Franco Vassallo, Fabio Sartori e Angela Meade.

Angela Meade Franco Vassallo Fabio Sartori

Premesso che, come ho scritto molte volte, trovo i paragoni inutili ed inopportuni inizio con il parlare di Franco Vassallo. Questo baritono, che io considero sicuramente uno dei migliori dei nostri tempi era al debutto nel ruolo del tormentato Doge Foscari. Ho lavorato con lui e ne conosco la serietà con la quale affronta sempre i suoi impegni. Qui da prova di una vocalità completa e di doti interpretative fuori del comune. Quello che nel repertorio verdiano si definisce accento a lui non manca proprio. Ogni suono è pesato e relazionato alla parola facendo così risaltare i diversi aspetti del personaggio. Veramente commovente nel duetto con Lucrezia Contarini e soprattutto nel finale dell’opera a partire dal famoso “Questa dunque è l’iniqua mercede” dove l’accentazione della frase “Rendetemi il figlio” lo porta ad uno stato emotivo che ha dell’incredibile. Sono veramente ammirato.

Franco Vassallo

Anche Fabio Sartori si conferma come uno dei tenori italiani di punta per questo repertorio. La voce è gestita per tutta la sua gamma in tutti i piani sonori. Un tenore di questa portata vocale che sa cantare “piano” è quasi un’eccezione. Questo ruolo, come ho già scritto, non vede in quest’opera emergere il tenore rispetto agli altri personaggi ma lo mette comunque a dura prova. Mi è piaciuto veramente molto.

Fabio Sartori

Angela Meade ha confermato le impressioni avute lo scorso anno in Anna Bolena. Trattasi di una voce enorme che sa gestire perfettamente. Passa con disinvoltura da un fortissimo ad un pianissimo, smorza i suoni con facilità impressionante. A primo acchito può sembrare un po’ distaccata come interprete ma alla fine non è così. In realtà si canta e si recita anche con il corpo e la sua fisicità le permette veramente molto poco. Non è una critica ma una realtà. Che non mi si accusi di fare “body shaming”. Io apprezzo molto questa cantante ma ciò che affermo è semplicemente oggettivo. Mi sento comunque di dire, senza fare paragoni, che in questo caso ho preferito Marigona Qerkezi ma, attenzione, non perchè sia oggettivamente più brava: sono bravissime tutte e due magari con motivazioni diverse. Questa è’ solo una cosa legata al mio gusto personale. Sono felice comunque di poter riascoltare la Meade il prossimo anno in Beatrice di Tenda, altra opera che manca da Genova da tempo immemorabile.

Angela Meade

Negli atri ruoli molto bravo Saverio Fiore come Barbarigo. Funzionali Alberto Angeleri e Filippo Balestra quali Un Fante ed Un Servo del Doge, Marta Calcaterra quale Pisana ed il basso Antonio di Matteo se possibile peggio di sabato scorso.

Saverio Fiore
Alberto Angeleri Filippo Balestra

Sulla direzione di Renato Palumbo mi sono già espresso nella cronaca precedente e confermo quanto ho scritto: veramente bravo.

Renato Palumbo

Tradizionale e non invasivo lo spettacolo.

Angela Meade Fabio Sartori
Franco Vassallo
Scena finale

Poco pubblico, vuoi per il fatto che era la vigilia di Pasqua, vuoi perché ormai i genovesi si muovono solo per Tosche o Rigoletti scadenti e, quando c’è una produzione degna di un teatro di serie A, disertano…pazienza!

Applausi finali

Al termine saluti agli interpreti. Nella fotografia Angela Meade con la mia amica danese Birthe Frisenette che è rimasta veramente impressionata da questa cantante e dalla produzione in genere.

Angela Meade Birthe Frisenette (foto di Guido Palmieri).

Nell’intervallo ho incontrato tanti amici e soprattutto mi ha fatto piacere incontrare il soprano Stefania Bonfadelli che, orbo come sono, non ho immediatamente riconosciuto facendo una stupenda figura! Qui a Genova sta curando la regia della produzione di Norma che andrà in scena a Maggio. Con lei ebbi la fortuna di cantare tante volte ai tempi del Battistini. Ci siamo scambiati diverse opinioni circa l’insegnamento trovandoci molto d’accordo. E’ stato un vero piacere.

W.A. Mozart “Die Zauberflöte” Torino Teatro Regio 4 Aprile 2023

Locandina

Come direbbero in una nota trasmissione televisiva di cucina: “Cotto e mangiato”! Decisione presa all’ultimo momento questa scappata a Torino dopo essermi accorto che due recite della Regina della Notte erano state affidate a Danae Kontora, il giovane soprano greco che ascoltai recentemente quale bravissima Adele nel Fledermaus a Genova. Come fare in tempi così stretti? Mi è venuto in aiuto il mio amico Andrea Goglio, che ha fatto il suo percorso di triennio nella mia classe diventando per un periodo mio allievo e che recentemente ha vinto il concorso proprio a Torino, che è la sua città, quale artista del coro. Velocemente è riuscito a prendere i biglietti (a riduzione!) per me. Grazie Andrea!!!

Applausi finali

Il Flauto magico è un’opera che nel tempo si è prestata ad innumerevoli interpretazioni ed allestimenti diversi. Cercando ancora adesso di dimenticare la bruttura e lo stupro che ne è stato fatto a Bruxelles qualche anno fa non ero prevenuto (cerco di non esserlo mai) ma comunque guardingo. Mi sono trovato davanti ad una produzione della Komischeoper di Berlino nata nel 2012 che già è stata utilizzata in molti teatri d’Europa e del mondo realizzata dal gruppo artistico “1927” formato da Suzanne Andrade e Paul Barrit, gruppo al quale decide di affidarsi Barrie Kosky, sovrintendente appunto della Komischeoper. Come da Kosky affermato in un’intervista riportata sul programma di sala, Die Zauberflote è un’opera senza età che può essere apprezzata sia da un bambino sia da un adulto come pure da un ottantenne. La difficoltà nel metterla in scena sta proprio in questo punto: riuscire ad abbracciare la sua natura eterogenea. Kosky assistette ad uno spettacolo creato da questo gruppo che vedeva un insieme di effetti che andavano dalla presenza di artisti, animazione, riferimenti al cinema muto e music hall e ne fu impressionato. Coinvolgendo due persone che non si erano mai avvicinate all’opera era convinto che non ci sarebbero stati da parte loro preconcetti e così fu. Il risultato di questa collaborazione è quello al quale ho assistito ieri sera. Riferimenti chiari ed un vero e proprio omaggio al cinema muto in quanto i dialoghi sono sostituiti da didascalie che vengono mimate ed enfatizzate dagli interpreti. Papageno è una sorta di Buster Keaton, Monostatos come il Nosferatu di Murnau e Pamina ha quasi le sembianze di Louise Brooks. In questa intervista i tre artefici di questo spettacolo sono d’accordo sul fatto che ci si trovi davanti ad una storia d’amore e comunque una favola dove, volontariamente, non sono stati approfonditi i simboli e significati massonici preferendo l’aspetto onirico che collega i mondi di Pamina e Tamino unendoli in un unico sogno. Una ricerca dell’amore vissuta diversamente dai vari personaggi. L’animazione è spettacolare e posso immaginare il lavoro svolto dai cantanti nel sincronizzare i loro movimenti con le proiezioni. I personaggi non interagiscono molto tra di loro ma questa è la visione del regista legata ad un mondo comunque di solitudine. L’opera comunque è veramente trattata come una favola e lascia libero lo spettatore di seguire il racconto e viverlo con la propria sensibilità. Sono uscito da teatro sereno come poche volte mi è capitato ultimamente e non è poco. Quella di andare a Torino è stata una decisione così fulminea che non mi ha dato tempo di prepararmi meglio anche psicologicamente ma forse è stato meglio così.

La Regina della Notte
Papageno
Le Dame Tamino e Papageno
Pamina e Papageno
Il Fuoco
Terzetto Pamina. Tamino e Sarastro

Veniamo alla parte musicale. Il cast prevedeva nomi in genere da me poco conosciuti ma trovo sempre giusto ed importante conoscere nuovi e giovani cantanti oltre ad andare ad ascoltare, per scelta, nomi conosciuti ed affermati. la mia trasferta, come ho scritto all’inizio, è legata alla presenza in questa produzione di Danae Kontora quale Regina della Notte. Con questa sua interpretazione dell’arduo e pericoloso ruolo, che vede sempre dietro l’angolo il paragone con grandi cantanti del passato ed anche del presente, la Kontora conferma l’impressione avuta a Genova. Ci troviamo davanti ad una cantante in possesso di un bagaglio tecnico di tutto rispetto. Sale sulle vette della sua vocalità con grande sicurezza “piazzando” i ben noti Fa sopracuti della seconda aria come vere e proprie pugnalate, effetto questo sicuramente pensato da Mozart data la drammaticità del testo e la “cattiveria” del personaggio. Mi ha detto di aver già cantato il ruolo con questo allestimento che, come mi ha spiegato, è sicuramente molto bello e fruibile per il pubblico ma “poco divertente” per lei che, eliminati i dialoghi, non interagisce con gli altri. Questa è un’artista che desidero continuare a seguire sperando veramente di avere altre occasioni per poterla ascoltare. Brava!

Danae Kontora

Il tenore spagnolo Joel Prieto, nel ruolo di Tamino, mi ha lasciato veramente interdetto. Ho letto belle cose su di lui ma mi sono trovato davanti ad un’emissione avventurosa e poco strutturata tecnicamente. Molti suoni del registro acuto erano inutilmente spinti rendendo così ancora più sgradevole una voce già di per sé priva di colore. Mozart, a mio avviso, richiede alla base una morbidezza che, almeno in questa occasione, il cantante non ha mostrato.

Joel Prieto

Il baritono Alessio Arduini, che ha già davanti a se una carriera di tutto rispetto, tratteggia un Papageno assolutamente credibile sia vocalmente che scenicamente in linea ovviamente con la visione registica del personaggio. Ricordo di averlo già ascoltato anni fa a Vienna, dove fa parte dell’ensemble del teatro, quale Publio nella Clemenza mozartiana.

Alessio Arduini

Nel ruolo di Pamina il soprano Ekaterina Bakanova, alla sua prima recita nella produzione in quanto precedentemente indisposta, presenta una vocalità importante, a mio avviso troppo “pesante” per il ruolo da lei interpretato. Ho avvertito nella voce una qualche difficoltà che denunciava forse un non completo recupero. Non so se la pochezza di dinamiche sia dovuta a questo. Spero di ascoltarla in altre occasioni per avere un altro tipo di riscontro.

Ekaterina Bakanova

Il basso coreano In-Sung Sim si disimpegna nel ruolo di Sarastro pur non impressionandomi particolarmente. Veramente censurabile la sua pronuncia tedesca.

In-Sung Sim

Bene il Monostatos di Thomas Ciluffo che fa parte degli “Artisti del Regio Ensemble”. Non è un “moro” come vorrebbe il libretto originale ma, come scritto prima una sorta di Nosferatu del film muto di Murnau.

Thomas Ciluffo

Il ruolo di Papagena, privato dei dialoghi si riduce al duettino finale. Di routine la prestazione del soprano Amélie Hois (Regio Ensemble) che presenta una vocalità difficile da valutare in così poco impegno. E’certo che, a questo ascolto, posso affermare che di soprani così ne esistono a vagonate.

Ameliè Hois

Ben assortiti i trii delle Dame e dei tre Fanciulli composti rispettivamente da Lucrezia Drei, Ksenia Chubunova (Regio Ensemble) e Margherita Sala (Dame) e da Viola Contarese, Alice Gossa e Isabel Marta Sodano (Fanciulli).

Lucrezia Drei Ksenia Chibunova Margherita Sala
Viola Contarese. Alice Gossa Isabel Marta Sodano

Funzionali come Uomini Armati Enzo Peroni e Rocco Lia (Regio Ensemble).

Enzo Peroni Rocco Lia

Molto bene il coro guidato da Andrea Secchi.

Coro del Teatro Regio

Lascio per ultima la direzione d’orchestra confermando quanto da me scritto relativamente alla Bolena genovese dello scorso anno. Potrei definire questo giovane direttore, Sesto Quatrini, come “l’inutil presunzione”. Qui, se possibile ha fatto anche peggio rispetto a Donizetti dandomi l’impressione che l’orchestra suonasse da sola. Non un colore, non una dinamica, soltanto la scelta di tempi troppo veloci in alcuni casi e troppo lenti in altri, come a dire: “Ora vi faccio sentire io i veri tempi da adottare per la musica di Mozart!”. Mozart non ha bisogno di forzature! E’ chiarissimo in quello che vuole ma questa tipologia direttoriale è quella che pensa di dover a tutti i costi dimostrare qualcosa stravolgendo la semplicità musicale di un capolavoro come questo pensando così di emergere. Spero in futuro di dovermi ricredere ma spesso il buongiorno si vede dal mattino.

Sesto Quatrini

Grande successo di pubblico in un teatro pressoché esaurito per uno spettacolo che ricorderò.

Trailer della Komischeoper di Berlino

Al termine incontro con Danae Kontora che si è dimostrata gentilissima e simpaticissima come a Genova.

Con Danae Kontora

Un plauso al Teatro Regio per il programma di sala del costo di soli 5 Euro contenete articoli interessanti e totalmente privo di pubblicità al suo interno contrariamente ai programmi di sala del Teatro alla Scala che sembrano tomi dell’Enciclopedia Treccani, costano un botto e, praticamente, contengono solo pubblicità e poco altro…next! Foto: Guido Palmieri.

Nota di colore: al termine, come cattiva abitudine del pubblico di tanti teatri italiani, improvviso fuggi fuggi tanto che la signora seduta vicino a me, con forte accento torinese, ha detto: “Ma dove corrono che al massimo devono arrivare in Corso Francia?”!!!

Programma di sala

G. Verdi “I due Foscari” Genova Carlo Felice 1 Aprile 2023

Programma di sala

Oggi i motivi di interesse per questa mia visita al Carlo Felice erano due: la presenza di Marigona Qerkezi nell’impervio ruolo di Lucrezia Contarini e l’ascoltare per la prima volta in teatro questa stupenda opera del primo Verdi, opera che, dopo Nabucco, vede il baritono protagonista. Come si sa il baritono era la voce prediletta del compositore, predilezione che si concretizzerà definitivamente con la realizzazione del ruolo di Rigoletto.

Scena finale

Parto comunque dallo spettacolo. Questa è una produzione che, da programma, risulta “Allestimento del Teatro Carlo Felice”. Molto strano anche perché è lo stesso allestimento usato alla Scala nel 2016. Stesse scene, stesso regista…mah? I misteri della lirica. In ogni caso ci troviamo davanti ad una produzione mediamente tradizionale, sobria ed in linea con l’argomento trattato dal libretto. Niente luna park, niente stupri su ascensori ed altre amenità simili. Un allestimento “normale” che permette allo spettatore di dedicarsi all’ascolto senza essere disturbato. La regia e le scene sono di Alvis Hermanis, i bei costumi di Kristine Juriàne le coreografie di Anna Sigalova con il Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS.

Sipario

Veniamo alla parte musicale che poi, alla fine, è quella che mi interessa di più. Ottima la direzione d’orchestra di Renato Palumbo che, come si evince dal programma di sala, aveva già diretto tre volte quest’opera e, partendo da questa, ha trovato il modo di approfondire lo studio del repertorio verdiano. Fa inoltre un’affermazione che mi è piaciuta molto: l’orchestra di Verdi non accompagna mai e se l’impressione che il pubblico riceve è questa significa che non esiste una concertazione adeguata ed dice giustamente che Verdi per tutta la vita “ha cercato di dare all’orchestra un aspetto insostituibile”. Insomma, è un direttore con le idee molto chiare e lo ha dimostrato sul campo.

Renato Palumbo

Nel ruolo del tormentato Doge Francesco Foscari il baritono coreano Leon Kim ha confermato in meglio l’impressione che mi fece a Pavia due anni fa come Conte di Luna. La voce è importantissima e, in questa occasione, elimina tutti quei suoni “presi dal basso” che tanto avevano condizionato la sua resa complessiva in Trovatore. Molto efficace la sua interpretazione che evidenzia il tormento e l’impotenza del Doge davanti alla spietata posizione del Consiglio dei Dieci. Mi ha totalmente convinto.

Leon Kim

Il tenore Giuseppe Gipali dà voce allo sventurato figlio del Doge. La sua prestazione è andata a crescere durante la rappresentazione. Ruolo questo abbastanza ingrato ma il tenore si disimpegna con onore. Ovvio che non è questa un’opera dove il tenore la fa da padrone. Non lo avevo mai ascoltato dal vivo. La voce è di notevole volume ed ha una buona proiezione. Spesso fa uso di attacchi “dal basso” che io non amo particolarmente ma…potrei citarvi molti cantanti che hanno fatto una carriera da miliardi e che hanno questa caratteristica a me non particolarmente gradita. Questione di gusti.

Giuseppe Gipali

Ora vengo al “pezzo forte”. Il ruolo di Lucrezia Contarini che fu interpretato alla prima esecuzione da Marianna Barbieri-Nini che fu anche la prima Lady Macbeth ha una scrittura veramente impervia e forse è il personaggio che canta di più in quest’opera. Qui ritrovo, dopo aver ascoltato una sua stupefacente Leonora in Trovatore a Pavia due anni fa (fu veramente una sorpresa!) il giovane soprano croato Marigona Qerkezi che si conferma come una delle grandi realtà dell’opera nei nostri giorni. È una cantante di vecchia scuola. Nulla la mette in difficoltà nemmeno i due maledettissimi Do del terzetto che nella stretta si trasforma in un quartetto che qui viene eseguito integralmente (quindi sono quattro!). Voglio dimenticare quello che successe alla Scala in questo frangente nel 2016 laddove la tanto osannata cantante (a mio avviso a sproposito) che era Lucrezia, fu giustamente “buata” al termine della recita! La voce della Qerkezi attraversa tutti i registri senza colpo ferire ed è gestita perfettamente dal punto di vista tecnico. Capace di passare con estrema perizia da un fortissimo ad un pianissimo. Esegue trilli veri e non approssimati e ci regala un’interpretazione vocale e scenica di primissima qualità. Ad un orecchio attento appare subito chiaro che ci si trova davanti ad una musicista completa ed anche quando la ascoltai la prima volta mi fu evidente che non era “solo una cantante” perché la precisione musicale presentava un approccio alla lettura che non è quello di un “normale cantante” infatti è anche un’apprezzata flautista vincitrice di premi a livello internazionale. Non me ne vogliano i “cantanti” ma, tirando l’acqua al mio mulino, questo fa la differenza. Ricordo che Edita Gruberova quando mi ascoltò la prima volta ed alla quale non avevo raccontato nulla dei mie studi musicali, mi disse: “Bene, molto bene ma…tu non sei solo un cantante! Il tuo fraseggio e la tua coloratura tradiscono un passato di strumentista…!”. Aveva ovviamente ragione ed il suo orecchio aveva avvertito tutto ciò! Bravissima Marigona. E’ molto giovane e, da vecchio, il consiglio che le posso dare è quello di fare sempre molta attenzione alla scelta del repertorio e non chiedere troppo alle sue corde vocali. Noi che la amiamo e seguiamo gli sviluppi della sua attività vogliamo per lei una carriera lunga e piena di soddisfazioni!

Marigona Qerkezi

Unico punto dolente di questa produzione di alto livello era Antonio di Matteo, il basso che interpretava il ruolo di Loredano. Voce molto grande di costituzione ma dal colore veramente brutto e soprattutto priva di proiezione grazie ad una tecnica inesistente infatti, nel pieno dell’orchestra spariva totalmente. Non basta avere una voce grande. Se non c’è la tecnica non se ne esce fuori. Scenicamente monolitico ed inespressivo. Il Carlo Felice è un teatro che si autodefinisce di “serie A”. Toppare così ed abbassare il livello di una buona produzione fa pensare che, come al solito, le pressioni delle agenzie continuano a vincere la partita!

Antonio di Matteo

Funzionali e ben eseguite le parti di fianco: il bravo Saverio Fiore nel ruolo di Barbarigo, Marta Calcaterra nel ruolo di Pisana, Antonio Mannarino come Fante e Matteo Armanino (ci conosciamo giusto?) come Servo del Doge.

Marta Calcaterra
Antonio Mannarino Matteo Armanino
Saverio Fiore

Ottime le prove dell’orchestra e del coro guidato da Claudio Marino Moretti.

Coro del Carlo Felice

All’uscita un saluto a Marigona, sempre carina gentile e disponibile, che non sembrava per nulla provata dalla fatica appena sostenuta con la speranza di poterla ascoltare presto e con la forte speranza che la Direzione Artistica del CF non se la faccia scappare.

con Marigona Qerkezi
Firma di una foto scattata a Pavia

Ora non mi resta che andare sabato prossimo ad ascoltare quello che viene definito “primo cast” con un terzetto di cantanti veramente interessante. Next!

Foto di rito davanti al manifesto
Insieme
Applausi finali

Recital di Anna Netrebko ed Elena Bashkirova. Milano Teatro alla Scala 19 Marzo 2023

Programma di sala

Questa volta sarò molto breve! Il motivo di interesse era, in questa occasione, ascoltare il grande soprano in un repertorio che la vede “a casa sua”. Il programma comprendeva liriche di Rimskij-Korsakov, Rachmaninov e Čajkovskij.

Foto di rito davanti al manifesto

Posso solo definirla una serata memorabile. Dolente per i detrattori ma la Netrebko è una grande fuoriclasse. E’ innegabile. Come altre grandi del passato o di un passato recente (vedi la mia Edita Gruberova) con la sola sua presenza riesce a riempire la vastità del palcoscenico della Scala. In questa occasione poi, esegue un repertorio suo per “nascita” lasciando attonita una Scala esaurita in ogni ordine di posti. Non è stato un semplice recital ma uno spettacolo vero e proprio e, come mi ha scritto il grande soprano Janet Perry che mi onora della sua amicizia e con la quale mi scrivevo durante la serata (si trovava un piano sotto di me) la Netrebko ha rotto ogni convenzione legata a questo tipo di concerto. Ha esplorato ogni angolo del palcoscenico eseguendo un programma lunghissimo e totalmente a memoria! Tale era la simbiosi con la pianista Elena Bashkirova che la sua vicinanza al pianoforte era minima. Era totalmente “sganciata” ed allo stesso tempo “unitissima”. E’ stata una di quelle rare volte in cui il pubblico ha ricevuto un onda che veniva rimandata alla cantante ed una delle rarissime volte, in questi ultimi anni, in cui alla Scala non volava una mosca.

Anna Netrebko
Anna Netrebko ed Elena Bashkirova

La Netrebko piega la sua voce, grazie ad una tecnica inossidabile, a qualsiasi esigenza la scrittura preveda. Passa con una disinvoltura disarmante da un “forte” ad un “pianissimo” e viceversa e tutto ciò sempre in funzione dell’espressività legata al testo. E la smettano una buona volta quei melomani che parlano di tecnica e non sanno nemmeno dove stanno le corde vocali un po’ come chi non ha mai toccato una palla si sente il commissario tecnico di una squadra di calcio, di pontificare su un presunto registro grave inventato ed altre amenità simili…poi, se parliamo di gusti personali è un altro discorso. La signora Netrebko, superati da poco i cinquant’anni e passata dal repertorio lirico leggero a quello drammatico, non presenta alcun “scalino” nella sua organizzazione vocale segno che sa esattamente cosa sia passaggio di registro. L’intera gamma vocale è gestita con una morbidezza ed una tranquillità che possono essere tali se, oltre ad una natura straordinaria, esiste a supporto un accurato studio tecnico. E’ inoltre un vero animale da palcoscenico. L’interprete, dal punto di vista musicale, si fonde con l’attrice rendendo magnetico tutto ciò che fa. Sono uscito da teatro letteralmente stordito.

Anna Netrebko

Elena Bashkirova vive con lei ed è trascinata da lei in questa serata con un grande pianismo assecondando le intenzioni della Diva ma, attenzione, non è puro accompagnamento: come tutti sanno il repertorio vocale da camera non vuole un semplice accompagnamento ma il pianista deve integrarsi con il cantante e, gli esecutori (non sempre accade), devono essere un’unica cosa senza però annullare la propria personalità. Ieri sera questo miracolo si è compiuto grazie alle due grandi artiste. Che chiedere di più?

Elena Bashkirova

Del programma non parlo in quanto non trovo questa la sede idonea per mettermi a fare lezioni di Storia della Musica. Sono certo che, chi legge queste pagine, non avrà bisogno di questo tipo di descrizione. Aggiungo solo che nel repertorio legato a Rimskij-Korsakov ci sono state due “escursioni” operistiche con uno strabiliante “Inno al Sole” da “Il Gallo d’Oro” e con la Scena dello Scioglimento la “La Fanciulla di Neve”. Un piccolo cambio nel programma legato a Rachmaninov dove ha tolto “O ne ridaj moj Paolo” (Francesca da Rimini) eseguito successivamente come bis ed ha inserito nel programma effettivo il famosissimo “Ne poj, krasavika, pri mne”.

Applausi

Al termine, con un pubblico in delirio, oltre al Rachmaninov succitato ci ha regalato “Meine Lippen, sie kussen so heiß” dall’operetta “Giuditta” di Franz Lehar portando il teatro ad una vera e propria ovazione.

Applausi

Come spesso accade la Signora non si è concessa ai fans che l’attendevano in Via Filodrammatici. Sarebbe meglio però, per correttezza e rispetto dei suoi ammiratori, che si palesasse subito qualcuno ad avvertire di ciò invece di far aspettare le persone fino alla chiusura del teatro. Sono certo che dopo un concerto così impegnativo uno possa anche essere stanco ma, ahimè, l’incontro con il pubblico, che alla fine chiede un autografo od una foto insieme a ricordo della serata, sia un prezzo da pagare e faccia parte della vita dei cantanti ma non per tutti è così evidentemente. Con lei ci ho fatto l’abitudine, del resto la mia presenza alla Scala non era legata assolutamente a questo momento del “dopo concerto”. Grazie a Dio riesco ancora a scindere il valore artistico di un cantante dal comportamento umano. Mi dispiace per lei…dal mio punto di vista perde qualcosa di importante e gratificante.

Grazie come sempre a Guido Palmieri per le fotografie (quelle belle!).

Piccola nota polemica. Prima del concerto, fuori dal teatro c’erano “quattro gatti” che manifestavano contro la cantante in quanto russa e, analizzatili bene, non mi sembravano nemmeno ucraini! Ma, porca miseria, non ce la facciamo proprio a lasciare fuori la musica da queste brutture che stiamo vivendo? Nessuno mi sentirà mai parlare di politica ma anche io ho le mie idee e, ribadisco, lasciamo fuori la musica dalla politica e basta. La musica unisce e deve servire ad unire e non a dividere, ricordiamolo!

P.S. Abbiamo saputo da un amico che, in questa occasione specifica, la Netrebko non è uscita in quanto, avvertita della presenza dei manifestanti, aveva paura di qualche gesto poco carino nei suoi confronti. A che punti siamo arrivati!

P.S. Le “maschere” delle Gallerie, durante il concerto seguivano le partite sul cellulare…stupendo!

Budapest Teatro dell’Opera F. Erkel “Hunyadi Làszlò” 4 Marzo 2023

Programma di sala

Questo mio viaggio presentava due motivi di interesse: il primo riascoltare, dopo il periodo di difficoltà legato alla pandemia, durante il quale il settore dello spettacolo ha sofferto e non poco, Klara Kolonits. Il secondo cogliere l’occasione per ascoltare quest’opera di Erkel, compositore ungherese nato nel 1810 e morto nel 1893 che è considerato il padre della Grand Opèra ungherese ed è anche compositore dell’inno nazionale.

Ferenc Erkel

Parto dall’opera. “Hunyadi László” che, insieme a “Bank ban”, viene regolarmente rappresentata a Budapest a mantenimento di una tradizione che, giustamente, non deve morire e si ispira ad un personaggio storico realmente esistito. Ero molto incuriosito perché di quest’opera conoscevo solo une delle arie del primo soprano che viene definita come “Aria La Grange” perché portata al successo da Anna de La Grange famoso soprano di coloratura francese che visse per un periodo anche in Ungheria dove eseguì ed imparò i ruoli del Grand Opera francese, in accordo con Meyerbeer, in ungherese e dove probabilmente cantò anche il ruolo di Erzsébet Szilágy. La scrittura vocale di quest’aria è veramente impervia, e, da appassionato “sopranologo” (!) quale sono non potevo resistere ed esimermi dall’ascoltare dal vivo questa meraviglia. Erkel, come spiegatomi da Klára oltre ad essere un compositore, era anche direttore d’orchestra e direttore del teatro. Appassionato del belcanto italiano ed in particolare di Donizetti, diresse le prime ungheresi delle opere di questo compositore ed anche di opere verdiane. La sua musica è un misto di tante cose…andiamo da Rossini (evidente nella lunga ed articolata ouverture) al Grand Opera di Meyerbeer con l’utilizzo di temi popolari ungheresi. Una vera sorpresa! L’altra sorpresa consiste proprio nella scrittura vocale che è assolutamente belcantistica ma spinta all’estremo per quanto riguarda tutti i registri vocali. Devo dire che sono uscito da teatro letteralmente stordito dopo circa quattro ore di musica bella e di difficile esecuzione. L’opera, nella sua versione originale, era stata scelta lo scorso anno per la riapertura del teatro dopo il restauro che è diventato un vero gioiello. E’ stato, per me, emozionante rientrare in quel teatro che mi riporta sempre allo spettacolare Roberto Devereux in forma di concerto con un’Edita Gruberova stratosferica nel 2017. La mia ultima visita a Budapest fu per l’ultima Lucia di Edita e per la Lucia di Klára nel 2019, due Lucie assolutamente differenti ed allo stesso tempo straordinarie (cronaca sul blog)…poi la pandemia che ha fermato il mondo.

L’Opera di Budapest
Interno

Che dire dello spettacolo? Con un grande sforzo organizzativo è stato creato uno spettacolo degno di una tradizione che sembra apparentemente morta. Scene e costumi sfarzosi (Krisztina Listopad) di rara bellezza. Regia articolata e assolutamente tradizionale come un’opera di questo genere vuole di Szilveszter Okovacs, coreografie di Tamas Solymosi. Posso immaginare, davanti a tanta meraviglia, l’incredulità dei vari Michieletto e compagnucci; per loro l’indignazione e per me pace fatta con un teatro che tende sempre di più a distruggere l’opera lirica e che considera la musica quasi un optional. Grazie Budapest! Un po’ di bellezza dopo tanti orrori visti da me in giro per l’Europa in questi anni!

Scena iniziale dell’ultimo atto
Ballo

Veniamo ai cantanti. In tutte le mie visite in questo teatro ho sempre riscontrato un livello abbastanza alto ed anche in questo caso ne ho avuto la conferma. Parto proprio da Klara Kolonits. Tutte le volte che parlo di questa cantante mi devo ripetere. Se avesse la possibilità di esibirsi più frequentemente fuori dell’Ungheria spazzolerebbe in un attimo quel mare di spazzatura vocale che ormai ci siamo abituati ad ascoltare. Qui in Italia, per esempio, vige la regola del “gioco dei quattro cantoni”: scambio di pedine e sempre gli stessi che girano. Il potere delle agenzie, spesso conniventi con i teatri, non cesserà mai, dobbiamo farcene una ragione. La Kolonits affronta il ruolo di Etszébet Szilagy che è veramente impervio, con le consuete capacità tecniche che, però, non fanno della coloratura un semplice esercizio. Tutto è sempre al servizio dell’interpretazione e dell’espressività. Nella scena finale, che vede la decapitazione del figlio Laszlo la sua disperazione è tangibile e porta ad una vera commozione. Spero di poterla ascoltare ancora tante volte, magari come augurio, fuori dall’Ungheria! Per chi ha desiderio di ascoltare l’aria “La Grange” ecco il link di un video di questa produzione fatto lo scorso anno. https://www.youtube.com/watch?v=ZtqexBW_eGc

Klára Kolonits

Anche per quanto riguarda i due ruoli tenorili c’è poco da scherzare. Nel ruolo del titolo Szalbocs Brickner presenta una bella voce, generosa e morbida all’occorrenza. Devo dire che quando lo ascoltai in streaming in un concerto da Budapest insieme a Klára non mi aveva fatto la stessa buona impressione, conferma che, quando dico che una voce va ascoltata in teatro è perchè le voci in registrazione sono altra cosa, spesso risultano meglio che dal vivo e spesso peggio. Non c’è verità in una registrazione.

Szalbocs Brickner

Nell’altrettanto difficile ruolo dell’infelice usurpatore Re Laszlo V, il tenore Ádorjan Pataki si disimpegna assai bene, tenendo sempre conto di una scrittura che porta le voci veramente allo stremo.

Adorjan Pataki

Nel ruolo del reggente Ulrik Cillei, András Palerdi che conosco per aver cantato con lui a Trapani anni fa e che purtroppo non ho potuto salutare in quanto, morendo il suo personaggio alla fine del primo atto era ovviamente andato già via, presenta la sua bella e sonora voce di basso sottolineando interpretativamente la cattiveria di questo personaggio che cospira ai danni di Hunyadi Laszlo.

Andras Palerdi

L’altro basso, Krisztián Cser nel ruolo dell’altro cattivo Miklós Gara, personaggio che sarà, in pratica, l’uccisore di László ha una voce enorme. Questa la prima cosa che mi ha colpito. Qualche suono negli estremi acuti un po’ fisso ma nell’insieme, data la difficoltà della scrittura ha avuto un’ottima resa vocale. Molto bene l’interpretazione.

Krisztian Cser

Nel ruolo di Mária Gara, triste fidanzata di László poi obbligata a sposare l’usurpatore, il soprano Kinga Kriszta si disimpegna molto bene eseguendo anche lei un’ardua cabaletta nella scena delle nozze mancate. Peccato un Si naturale non proprio centrato alla fine ma nel complesso una buona resa vocale. Molto bene il duetto con László.

Kinga Kriszta

Negli altri ruoli molto bene il soprano Laura Topolánszky che prestava la sua bella voce al bimbo (Bernát Jonatán Emri) che interpretava il ruolo di Matyas Hunyadi, fratello piccolo di László diventato da adulo Re una volta cacciati gli usurpatori del Regno. Nel ruolo di Rozgony il baritono Lörinc Kósa.

Laura Topolanszky e Bernat Jonatan Emri
Lorinc Kosa

Ottima la direzione dell’evidentemente esperto Balács Kocsár alla guida di un orchestra dal bellissimo ed omogeneo suono.

Balazs Kocsar

Ottima la prestazione del coro diretto da Gabor Csiki impegnatissimo in quest’opera. Presente anche un bellissimo coro di voci bianche diretto da Nikolett Hajzer.

Coro
Ringraziamenti finali
Ensemble
Spartito dell’opera firmato gentilmente da Klára Kolonits

Insomma, una serata che ricorderò! Alla fine, grazie ad Ariel Kaya, assistente della Kolonits, siamo riusciti ad entrare nei camerini dove abbiamo potuto parlare tranquillamente con Klára che è stata, come al solito, gentilissima e felice di vederci e che ci ha raccontato qualcosa in più di Erkel e di quest’opera e ci ha parlato di un CD proprio di arie di questo compositore registrato da poco e che dovebbe uscire a breve. In questo modo si esce da teatro completamente soddisfatti. Poi, ancora due giorni in questa stupenda città della quale sono assolutamente innamorato e dove torno sempre con grande gioia!

Con Klára nei camerini dell’Opera

Grazie come sempre per le fotografie a Guido Palmieri che ha…una fotocamera migliore della mia!!!

Opèra de Nice 19 Febbraio 2023 Donizetti “Lucia di Lammermoor”

Programma di sala
Manifesto fuori teatro

Eccomi con una nuova avventura operistica. Sarò pedante ma ogni volta ci tengo a ribadire che le mie “trasferte” sono sempre legate ad un interesse specifico. In questo caso, il motivo è il soprano statunitense Kathryn Lewek. Capitatomi per caso su YouTube un suo video dove interpreta una pazzesca (anche dal punto di vista scenico) Regina della Notte ho approfondito visionandone altri. Uno su tutti, che riguarda la vittoria del terzo premio al concorso Operalia (il concorso di Domingo per capirci), dal quale sono passati molti tra i più celebrati cantanti dei nostri giorni, dove appunto canta un interessantissimo “Regnava nel silenzio” con uno spericolato Mi naturale sopracuto che precede il Re nella chiusa della cabaletta. Quando due anni fa ho realizzato che avrebbe cantato questo ruolo a Nizza (località facilmente raggiungibile per me) ho subito acquistato il biglietto e…vai di pandemia! Salta la stagione ma, coraggiosamente, quest’anno il teatro ha deciso di riprogrammare il titolo. Anche io coraggiosamente ho acquistato quasi un anno fa il biglietto e questa volta ce l’ho fatta!

Kathryn Lewek

Le aspettative non sono state deluse. Come sempre sostengo che le voci vanno ascoltate in teatro ma, per quella che è la mia esperienza, già dalle registrazioni, risultava chiaro che non si trattava di una voce di coloratura puro ma una voce di maggior spessore pur possedendo capacità di coloratura assolutamente acrobatiche. Mi è bastata la prima frase (sono pure presuntuoso!) “Ancor non giunse” per capire che mi trovavo davanti anche ad un’interprete di alta levatura. Non c’è stato in tutta l’opera un momento in cui la Lewek abbia lasciato al caso una nota, una frase…era sempre “sul pezzo”! A mio avviso unisce ad una grande natura, un grande istinto ed uno studio vocale ed interpretativo assolutamente approfonditi. Come lei stessa ha affermato ama molto questo ruolo ed era felice di poterlo riprendere dopo tanto tempo. La capisco! In questo momento sta cantando Regine della Notte in tutto il mondo e a lungo andare quello è un personaggio che stufa! In un video pubblicato su Instagram la Lewek a Londra, in camerino, e già truccata da Regina studia Lucia. La Sills scrisse nella sua biografia a proposito della Königin: “Quanto è noiosa!”, come pure la Gruberova la tolse ad un certo punto dal repertorio non perché non potesse più cantarla ma perché si era stufata di stare quattro ore in teatro per cantare due arie (di quella portata!) e perché ormai l’aveva cantata in tutti i teatri più importanti con tutti i più grandi Direttori del tempo. Avrei dovuto ascoltare la Lewek in questo ruolo a Vienna lo scorso autunno con biglietto già acquistato ma per un “incidente di percorso” non riuscii ad andare. Spero di ascoltarla prima che la tolga dal repertorio. Tornando alla sua Lucia, dopo un Regnava nel silenzio che fa rimanere attaccati alla poltrona tanto drammatico era, si lancia in una cabaletta nervosamente gioiosa che, nella coda finale (spesso omessa), la vede eseguire un’acrobazia che la porta fino ad un Sol sopracuto. Amorosa e disperata ma non piagnucolosa nel duetto con Edgardo, altera e “resistente” nel duetto con Enrico, cedevole nella scena con Raimondo, rassegnata durante le nozze e, arrivata alla celebre Pazzia, dà il meglio di se: ogni nota ha un significato, il giusto colore, il giusto peso; esegue una cadenza non di tradizione dove troviamo acrobazie di ogni tipo ma tutto sempre legato all’espressione. Chiude la prima parte non con il consueto Mib sopracuto lasciando il pubblico un po’ sconcertato (sprovveduti ed ignoranti “as usual”!) ma ne piazza uno alla fine della cabaletta che dura più di 10 secondi facendo esplodere il teatro!!! Non amo il “circo” ma “quando ce vo’ ce vo’ “!!! Spero che in Italia qualcuno tra i nostri direttori artistici, che sempre più dimostrano di non capire nulla di voci e sempre più evidenziano il loro assecondare i giochi perversi delle agenzie, si accorga che esiste e la scritturi nei nostri teatri. Spesso sono speranze vane! Brava Kathryn Lewek. Belcanto allo stato puro!

Kathryn Lewek al termine della Pazzia

Altra sorpresa il tenore italiano Oreste Cosimo. Confesso che non sapevo nulla di questo giovane cantante e, prima di recarmi a Nizza, ho ascoltato alcune sue registrazioni tra le quali mi ha colpito molto quella relativa a “Les Contès d’Hoffmann” eseguiti proprio con la Lewek alla Deutsche Oper di Berlino. Voce “all’italiana”, bella, generosa …almeno ogni tanto un tenore italiano si fa onore! Stesso riscontro in teatro. A questo unisce una tecnica sicura che gli permette di salire in acuto senza particolari problemi in un ruolo che non lascia scampo a chi tecnicamente non è a posto. Buone le qualità interpretative ed al tutto unisce una bella presenza scenica. Bravo. Sempre per la serie “speriamo”, speriamo di poterlo ascoltare anche in Italia!

Oreste Cosimo

Nel ruolo di Enrico, cattivo fratello di Lucia, al posto dell’ammalato Mario Cassi c’era Vladimir Stoyanov. Leggo in genere recensioni molto positive nei suoi confronti. Probabilmente è un problema mio ma, ascoltato anni fa a Genova come Germont padre e qui come Enrico non mi desta alcun entusiasmo. Non posso dire male, assolutamente no ma lo trovo poco rifinito dal punto di vista interpretativo. Canta dal forte al forte (!). Pochissimi colori e, pur possedendo un buon strumento, non mi convince dal punto di vista tecnico. L’unico merito in questo caso è l’essere arrivato solo alla prova generale inserendosi all’ultimo momento. Piccolo incidente nella cabaletta dove ha dimenticato l’apertura di un taglio. Questo, data la situazione contingente è stato irrilevante.

Vladimir Stoyanov

Piccola storia triste. Del cantante che interpretava Raimondo citerò solo il nome…è meglio: Philippe Kahn. Peccato perché questo ruolo, qui eseguito integralmente, offre molto a chi lo canta ma qui eravamo al limite della decenza. Recentemente ho ascoltato a Vienna in questo ruolo Roberto Tagliavini…non aggiungo altro.

Philippe Kahn

Sul versante dei comprimari convince solo l’Alisa di Karine Ohanyan, molto impegnata vocalmente nella stretta del concertato.

Kari e Ohanyan

Terrificante, come la peggior tradizione vuole, l’Arturo (detto Lo Sposino) di Maurizio Pace. Ho un allievo di 19 anni in conservatorio che avrebbe potuto fare molto meglio.

Maurizio Pace

Meno terrificante ma senza infamia e senza lode e poco udibile il Normanno di Grègoire Mour. A volte mi chiedo se certi cantanti li prendano con i punti del Mulino Bianco!

Grégoire Mour

L’opera, eseguita quasi integralmente è stata diretta con grande perizia e perfetta conoscenza delle esigenze legate al repertorio belcantistico da Andriy Yurkevych. Questo direttore, da me visto operare moltissime volte, è sempre una garanzia. Riesce sempre ad avere una perfetta connessione fra buca e palcoscenico. Cura l’interpretazione dei cantanti con grande attenzione e amore! Uso il termine amore perché questo repertorio si deve amare per poterlo dirigere e lui, evidentemente, lo ama. Bravo e grazie per questa bella lezione.

Andriy Yurkevich

Ottima la prestazione del coro sotto la guida di Alessandro Zuppardo.

Alessandro Zuppardo
Coro de L’Opéra de Nice

Lo spettacolo. La regia tradizionale di Stefano Vizioli, su un buio impianto scenico da un’idea di Allen Mayer con costumi ottocenteschi dell’Atelier Farani, lascia un giusto spazio all’interpretazione degli interpreti ma sa tanto di raccogliticcio. In ogni caso rivediamo una Lucia con un effettivo abito da sposa e non, che so, in jeans e canottiera data la robaccia che circola (vedi la nuova produzione del Met).

Applausi finali

Complimenti, in ogni caso, all’Opèra de Nice che ha il coraggio di non scritturare sempre “i soliti” ma sceglie, magari rischiando, nuove voci che hanno bisogno di essere valorizzate.

L’Opêra de Nice

Al termine saluti all’amico Enrico Gaudino che lavora nel coro dell’Opèra e che, durante le prove, mi teneva informato (!) ed incontro con Kathryn Lewek che è una persona semplicissima e dolcissima. Abbiamo comunicato in inglese perché non si fida ancora del suo italiano, a dispetto di una pronuncia ineccepibile quando canta. Marito al seguito (credo sia un cantante anche lui), bimba piccola e ne ha anche un altro più piccolo che non c’era. Le ho detto: “Ti lasciamo, sarai stanca..”. Risposta: “Più che altro ho fame”! Troppo simpatica.

Con Kathryn Lewek
In conversazione con Kathryn Lewek

Bella conversazione con Oreste Cosimo con cui ho parlato di voce e di tecnica, argomento che gli sta molto a cuore. Mi ha detto che sarà Rodolfo a Torre del Lago la prossima estate. Chissà che io non riesca a fare un salto.

Con Oreste Cosimo
Firme e conversazione con Oreste Cosimo

Next! Con un’avventura particolare. Io credo di essere pazzo ma il mio amore per l’opera mi porta a voler conoscere sempre più di questo “assurdo” genere che, o si ama o si odia: l’opera lirica non conosce l’indifferenza! Sarò prossimamente a Budapest per ascoltare l’opera di Erkel “Hunyadi Làszlò”! Come farsela mancare? Hahahahaha!

Genova Teatro Carlo Felice Un Ballo in Maschera (ovvero Amelia e Riccardo!) 28 Gennaio 2023

Manifesto

Se giovedì ho definito il Teatro alla Scala un teatro di “peracottari” non so come potrei definire il teatro della mia città! Qui siamo veramente oltre. Stagioni abborracciate con “promesse” di nomi altisonanti che, puntualmente spariscono in corso d’opera (vedo la scomparsa sul cartellone di Marina Rebeka quale Norma e la sparizione di Tatiana Serjan in Un Ballo in Maschera). Certo, quando ero adolescente non avevamo un teatro ma avevamo fior di stagioni con tutti i più grandi cantanti del tempo che, pur consci di cantare in una struttura inadeguata, venivano a Genova perchè c’era un pubblico attento, partecipe ed entusiasta. Cito solo qualche nome per far capire quello che intendo: Carlo Bergonzi, Alfredo Kraus, Rajna Kabaiwanska, Luciano Pavarotti, Cristina Deutekom, Joan Sutherland, Piero Cappuccilli, Fiorenza Cossotto, Renata Scotto, Renato Bruson, Luisa Maragliano, Luciana Serra….e via andare! Oggi? Abbiamo un teatro…vuoto! Abbiamo un teatro che da anni propone stagioni scarne e con nomi improponibili e che, come ho scritto all’inizio promette ma non mantiene. Lo frequento ormai raramente ed acquisto i biglietti all’ultimo momento in quanto sono certo di trovarli e soprattutto la sicurezza di andare ad ascoltare quello per cui ho pagato. Tanti dicono che è un teatro troppo capiente per le esigenze della città…mah…io ho un’altra idea: Genova aveva un pubblico importante e soprattutto non stupido e ingenuo che negli anni si è assottigliato grazie a proposte poco allettanti. Se penso al Rigoletto al quale ho assistito lo scorso anno mi vengono ancora i brividi, serata che mi ha visto nel pubblico solo per la presenza di George Petean, unico nome degno di un teatro di serie A alla quale il C.F. dice di appartenere ma non si può “fare un’opera” con un nome e tutto il resto “rumenta”! Questo sfogo viene proprio da quello che ho vissuto a Genova e che non vivo e forse non vivrò più! Faccio presente che in provincia molto spesso si assiste a spettacoli molto più interessanti…che dire e che pensare? Nulla! Andiamo oltre.

Primo atto Prima scena
Primo atto Seconda scena

I motivi che mi hanno fatto muovere dalle “mie campagne” e scendere quindi a valle sono stati due: Maria Teresa Leva e Angelo Villari.

Maria Teresa Leva e Angelo Villari
Maria Teresa ed Angelo nella scena del Ballo

Seguo la crescita della carriera di Maria Teresa da quando la ascoltai la prima volta proprio a Genova in Aida e già all’epoca mi chiesi come fosse possibile aver messo in prima compagnia una cantante che aveva fatto una bella carriera nel suo repertorio ma totalmente inadeguata in questo e non lei. Già l’anno prima era stata un’inutile e poco credibile Elisabetta in Don Carlo quindi il teatro cosa fa? La riconferma come Aida…Ah! La competenza di certe direzioni artistiche…!!! Non sapevo nulla di questa giovane e mi documentai iniziando a seguire il suo percorso. Miete successi ovunque canta ma oggi era ancora in seconda compagnia. La Serjan “scompare” ed il teatro cosa fa? Figuriamoci se coglie l’occasione di operare al meglio spostando lei in prima. Macchè! Perde l’ennesima occasione e chiama una cantante che mia mamma in genovese avrebbe definito così: “A nu sa ne de mi, ne de ti, ne de nisciun” (traduco per i foresti: Non sa nè di me nè di te nè di nessuno!). Così vanno le cose in teatro! (quanti punti esclamativi vero? E sono ancora pochi!). Ho ascoltato ed incontrato Maria Teresa l’ultima volta in Arena per la sua splendida Micaela e ci siamo dati appuntamento qui. Promessa mantenuta. La sua Amelia è del tutto convincente. Il suo assetto vocale presenta una gamma totalmente presente che le permette anche di evitare l’abuso di note di petto che sono dosate con perizia. Gli acuti sono lucenti e totalmente a fuoco. Il legato perfetto. Dal punto di vista interpretativo crea un personaggio a metà fra la consapevolezza e l’ingenuità. Ama Riccardo ma rinuncia a lui per il “dovere”. C’era tutto nella descrizione del suo personaggio e tutto veniva fuori dal suo splendido canto. Mi auguro di risentirla molto presto. Chissà? Forse a Verona la prossima estate.

Ecco l’orrido campo
Morró ma prima in grazia

Angelo è legato alla mia prima supplenza in Conservatorio a Messina. Non era mia intenzione insegnare e, ancora oggi, la ritengo una responsabilità immensa anche se con gli anni ed un po’ di esperienza accumulata posso dire di amare questo lavoro e di non aver fatto danni ma mi vanto di aver aiutato tanti ragazzi a capire quale strada seguire. Prima ho detto “lavoro”: non lo è, è una passione, una missione ma bisogna crederci ed imparare ad amare gli allievi e la cosa più importante è non fossilizzarsi e seguire le caratteristiche vocali di chi si ha davanti. L’anno scarso (presi servizio a Dicembre) di Messina fu illuminante. Mi fece capire che non dovevo aver paura ed anche che avrei intrapreso questa strada con passione. Angelo era sicuramente uno degli elementi più interessanti della classe che, comunque, vedeva tante belle voci. “Soggetto” divertente, brillante e simpatico. Mi fu chiaro subito che avrebbe fatto una bella carriera. Quell’anno il Conservatorio “Corelli” allestiva “Il Filosofo di Campagna” di Galuppi. Ebbi anche il piacere di cantare con lui in quanto su tre classi non c’era una voce che potesse coprire il ruolo che poi cantai io. Ho tanti ricordi di quella “storia”. Quando mi offrii di cantare il Direttore del Conservatorio mi disse: “Ma è sicuro? Qui gli insegnanti non amano esibirsi davanti agli allievi o con gli allievi…,”. Rimasi sorpreso. Per me era un privilegio poter stare in scena con loro e consigliarli su qualcosa che tanti di loro non avevano mai fatto. Ho ancora una video di una delle recite. Un altro ricordo divertente di Angelo riguarda il saggio di fine anno. Cantò il Lamento di Federico dell’Arlesiana ma saltò a piè pari la seconda parte forse per emozione o forse per distrazione ma la bravura di Dario Sanguedolce, il nostro pianista, fece si che la cosa passasse più o meno inosservata! Quanta strada ha fatto Angelo da allora! La voce è sempre stata grande ma oggi è completa di tutto quello che ci vuole per affrontare ruoli come quello si Riccardo nel Ballo. Il controllo della voce è pressochè totale. Propone anche delle belle mezze voci. Sicuro sugli acuti (non come certi tenori tanto pompati oggi che fanno invece soffrire). Interpretativamente crea un bel personaggio. Deciso in quanto governatore e irrimediabilmente innamorato di Amelia. Commovente in una delle più belle arie che Verdi ha scritto per un tenore. Incontrarlo a distanza di tanti anni è stato molto emozionante e, per un vecchio quale sono, una vera gioia. Gli auguro un’ascesa continua e spero di riascoltarlo presto!

Forse la soglia attinse…

Pura routine o peggio per quanto riguarda tutto il resto della produzione. Il baritono Mansoo Kim mostra segni di stanchezza e arriva al termine della celebre “Eri tu” per il rotto della cuffia.

Mansoo Kim

L’Oscar di Ksenia Bomarsi è quanto di più generico io abbia ascoltato in questo ruolo. La voce, nella zona centro grave si sente poco ed anche interpretativamente il personaggio non esiste.

Ksenia Bomarsi

Maria Ermaoleva era Ulrica. Bella voce ma totalmente inadatta per questo ruolo che vorrebbe un vero contralto. A parte un incidente la zona acuta è quella più a posto. La zona grave è totalmente “inventata” e per questo suona falsa. I suoi “Silenzio” al termine dell’aria sono discretamente imbarazzanti.

Maria Ermaoleva

Sul resto del cast mi taccio perché siamo a livello di grande imbarazzo. Cito solo il Silvano di Marco Camastra che garantisce sempre una solida professionalità.

Marco Camastra

Stanca la direzione di Donato Renzetti che molto spesso mette in difficoltà le voci con tempi eccessivamente lenti traendo suoni suoni sfibrati da un’orchestra che, ultimamente e generalmente, sta suonando bene.

Donato Renzetti

Bene il coro sotto la guida di Claudio Marino Moretti.

Coro

Bello e finalmente tradizionale l’allestimento con le scene di Carlo Centolavigna e funzionale e altrettanto tradizionale la regia di Leo Nucci che, essendo stato un grande cantante, sa di cosa i cantanti hanno bisogno!

Applausi finali
Applausi finali
Applausi finali

Incontro emozionante al termine della recita con Maria Teresa, sempre gentile e simpatica e con Angelo, con quel suo viso aperto e sincero che non avevo dimenticato! Alla prossima!

Con Maria Teresa Leva
Con Angelo Villari

Solita nota polemica. Ma quanto è brutta la nuova grafica del Carlo Felice. Modernetta ed insignificante. Un teatro che si rispetti mantiene la tradizione. Per chi non ricordasse ecco una foto di un manifesto della stagione 94/95, elegante e serio; non quel rosso ridanciano dei manifesti attuali. Amen,

Quando la grafica era adeguata!

Grazie come sempre a Guido Palmieri per le belle fotografie!