Recital di Anna Netrebko ed Elena Bashkirova. Milano Teatro alla Scala 19 Marzo 2023

Programma di sala

Questa volta sarò molto breve! Il motivo di interesse era, in questa occasione, ascoltare il grande soprano in un repertorio che la vede “a casa sua”. Il programma comprendeva liriche di Rimskij-Korsakov, Rachmaninov e Čajkovskij.

Foto di rito davanti al manifesto

Posso solo definirla una serata memorabile. Dolente per i detrattori ma la Netrebko è una grande fuoriclasse. E’ innegabile. Come altre grandi del passato o di un passato recente (vedi la mia Edita Gruberova) con la sola sua presenza riesce a riempire la vastità del palcoscenico della Scala. In questa occasione poi, esegue un repertorio suo per “nascita” lasciando attonita una Scala esaurita in ogni ordine di posti. Non è stato un semplice recital ma uno spettacolo vero e proprio e, come mi ha scritto il grande soprano Janet Perry che mi onora della sua amicizia e con la quale mi scrivevo durante la serata (si trovava un piano sotto di me) la Netrebko ha rotto ogni convenzione legata a questo tipo di concerto. Ha esplorato ogni angolo del palcoscenico eseguendo un programma lunghissimo e totalmente a memoria! Tale era la simbiosi con la pianista Elena Bashkirova che la sua vicinanza al pianoforte era minima. Era totalmente “sganciata” ed allo stesso tempo “unitissima”. E’ stata una di quelle rare volte in cui il pubblico ha ricevuto un onda che veniva rimandata alla cantante ed una delle rarissime volte, in questi ultimi anni, in cui alla Scala non volava una mosca.

Anna Netrebko
Anna Netrebko ed Elena Bashkirova

La Netrebko piega la sua voce, grazie ad una tecnica inossidabile, a qualsiasi esigenza la scrittura preveda. Passa con una disinvoltura disarmante da un “forte” ad un “pianissimo” e viceversa e tutto ciò sempre in funzione dell’espressività legata al testo. E la smettano una buona volta quei melomani che parlano di tecnica e non sanno nemmeno dove stanno le corde vocali un po’ come chi non ha mai toccato una palla si sente il commissario tecnico di una squadra di calcio, di pontificare su un presunto registro grave inventato ed altre amenità simili…poi, se parliamo di gusti personali è un altro discorso. La signora Netrebko, superati da poco i cinquant’anni e passata dal repertorio lirico leggero a quello drammatico, non presenta alcun “scalino” nella sua organizzazione vocale segno che sa esattamente cosa sia passaggio di registro. L’intera gamma vocale è gestita con una morbidezza ed una tranquillità che possono essere tali se, oltre ad una natura straordinaria, esiste a supporto un accurato studio tecnico. E’ inoltre un vero animale da palcoscenico. L’interprete, dal punto di vista musicale, si fonde con l’attrice rendendo magnetico tutto ciò che fa. Sono uscito da teatro letteralmente stordito.

Anna Netrebko

Elena Bashkirova vive con lei ed è trascinata da lei in questa serata con un grande pianismo assecondando le intenzioni della Diva ma, attenzione, non è puro accompagnamento: come tutti sanno il repertorio vocale da camera non vuole un semplice accompagnamento ma il pianista deve integrarsi con il cantante e, gli esecutori (non sempre accade), devono essere un’unica cosa senza però annullare la propria personalità. Ieri sera questo miracolo si è compiuto grazie alle due grandi artiste. Che chiedere di più?

Elena Bashkirova

Del programma non parlo in quanto non trovo questa la sede idonea per mettermi a fare lezioni di Storia della Musica. Sono certo che, chi legge queste pagine, non avrà bisogno di questo tipo di descrizione. Aggiungo solo che nel repertorio legato a Rimskij-Korsakov ci sono state due “escursioni” operistiche con uno strabiliante “Inno al Sole” da “Il Gallo d’Oro” e con la Scena dello Scioglimento la “La Fanciulla di Neve”. Un piccolo cambio nel programma legato a Rachmaninov dove ha tolto “O ne ridaj moj Paolo” (Francesca da Rimini) eseguito successivamente come bis ed ha inserito nel programma effettivo il famosissimo “Ne poj, krasavika, pri mne”.

Applausi

Al termine, con un pubblico in delirio, oltre al Rachmaninov succitato ci ha regalato “Meine Lippen, sie kussen so heiß” dall’operetta “Giuditta” di Franz Lehar portando il teatro ad una vera e propria ovazione.

Applausi

Come spesso accade la Signora non si è concessa ai fans che l’attendevano in Via Filodrammatici. Sarebbe meglio però, per correttezza e rispetto dei suoi ammiratori, che si palesasse subito qualcuno ad avvertire di ciò invece di far aspettare le persone fino alla chiusura del teatro. Sono certo che dopo un concerto così impegnativo uno possa anche essere stanco ma, ahimè, l’incontro con il pubblico, che alla fine chiede un autografo od una foto insieme a ricordo della serata, sia un prezzo da pagare e faccia parte della vita dei cantanti ma non per tutti è così evidentemente. Con lei ci ho fatto l’abitudine, del resto la mia presenza alla Scala non era legata assolutamente a questo momento del “dopo concerto”. Grazie a Dio riesco ancora a scindere il valore artistico di un cantante dal comportamento umano. Mi dispiace per lei…dal mio punto di vista perde qualcosa di importante e gratificante.

Grazie come sempre a Guido Palmieri per le fotografie (quelle belle!).

Piccola nota polemica. Prima del concerto, fuori dal teatro c’erano “quattro gatti” che manifestavano contro la cantante in quanto russa e, analizzatili bene, non mi sembravano nemmeno ucraini! Ma, porca miseria, non ce la facciamo proprio a lasciare fuori la musica da queste brutture che stiamo vivendo? Nessuno mi sentirà mai parlare di politica ma anche io ho le mie idee e, ribadisco, lasciamo fuori la musica dalla politica e basta. La musica unisce e deve servire ad unire e non a dividere, ricordiamolo!

P.S. Abbiamo saputo da un amico che, in questa occasione specifica, la Netrebko non è uscita in quanto, avvertita della presenza dei manifestanti, aveva paura di qualche gesto poco carino nei suoi confronti. A che punti siamo arrivati!

P.S. Le “maschere” delle Gallerie, durante il concerto seguivano le partite sul cellulare…stupendo!

Budapest Teatro dell’Opera F. Erkel “Hunyadi Làszlò” 4 Marzo 2023

Programma di sala

Questo mio viaggio presentava due motivi di interesse: il primo riascoltare, dopo il periodo di difficoltà legato alla pandemia, durante il quale il settore dello spettacolo ha sofferto e non poco, Klara Kolonits. Il secondo cogliere l’occasione per ascoltare quest’opera di Erkel, compositore ungherese nato nel 1810 e morto nel 1893 che è considerato il padre della Grand Opèra ungherese ed è anche compositore dell’inno nazionale.

Ferenc Erkel

Parto dall’opera. “Hunyadi László” che, insieme a “Bank ban”, viene regolarmente rappresentata a Budapest a mantenimento di una tradizione che, giustamente, non deve morire e si ispira ad un personaggio storico realmente esistito. Ero molto incuriosito perché di quest’opera conoscevo solo une delle arie del primo soprano che viene definita come “Aria La Grange” perché portata al successo da Anna de La Grange famoso soprano di coloratura francese che visse per un periodo anche in Ungheria dove eseguì ed imparò i ruoli del Grand Opera francese, in accordo con Meyerbeer, in ungherese e dove probabilmente cantò anche il ruolo di Erzsébet Szilágy. La scrittura vocale di quest’aria è veramente impervia, e, da appassionato “sopranologo” (!) quale sono non potevo resistere ed esimermi dall’ascoltare dal vivo questa meraviglia. Erkel, come spiegatomi da Klára oltre ad essere un compositore, era anche direttore d’orchestra e direttore del teatro. Appassionato del belcanto italiano ed in particolare di Donizetti, diresse le prime ungheresi delle opere di questo compositore ed anche di opere verdiane. La sua musica è un misto di tante cose…andiamo da Rossini (evidente nella lunga ed articolata ouverture) al Grand Opera di Meyerbeer con l’utilizzo di temi popolari ungheresi. Una vera sorpresa! L’altra sorpresa consiste proprio nella scrittura vocale che è assolutamente belcantistica ma spinta all’estremo per quanto riguarda tutti i registri vocali. Devo dire che sono uscito da teatro letteralmente stordito dopo circa quattro ore di musica bella e di difficile esecuzione. L’opera, nella sua versione originale, era stata scelta lo scorso anno per la riapertura del teatro dopo il restauro che è diventato un vero gioiello. E’ stato, per me, emozionante rientrare in quel teatro che mi riporta sempre allo spettacolare Roberto Devereux in forma di concerto con un’Edita Gruberova stratosferica nel 2017. La mia ultima visita a Budapest fu per l’ultima Lucia di Edita e per la Lucia di Klára nel 2019, due Lucie assolutamente differenti ed allo stesso tempo straordinarie (cronaca sul blog)…poi la pandemia che ha fermato il mondo.

L’Opera di Budapest
Interno

Che dire dello spettacolo? Con un grande sforzo organizzativo è stato creato uno spettacolo degno di una tradizione che sembra apparentemente morta. Scene e costumi sfarzosi (Krisztina Listopad) di rara bellezza. Regia articolata e assolutamente tradizionale come un’opera di questo genere vuole di Szilveszter Okovacs, coreografie di Tamas Solymosi. Posso immaginare, davanti a tanta meraviglia, l’incredulità dei vari Michieletto e compagnucci; per loro l’indignazione e per me pace fatta con un teatro che tende sempre di più a distruggere l’opera lirica e che considera la musica quasi un optional. Grazie Budapest! Un po’ di bellezza dopo tanti orrori visti da me in giro per l’Europa in questi anni!

Scena iniziale dell’ultimo atto
Ballo

Veniamo ai cantanti. In tutte le mie visite in questo teatro ho sempre riscontrato un livello abbastanza alto ed anche in questo caso ne ho avuto la conferma. Parto proprio da Klara Kolonits. Tutte le volte che parlo di questa cantante mi devo ripetere. Se avesse la possibilità di esibirsi più frequentemente fuori dell’Ungheria spazzolerebbe in un attimo quel mare di spazzatura vocale che ormai ci siamo abituati ad ascoltare. Qui in Italia, per esempio, vige la regola del “gioco dei quattro cantoni”: scambio di pedine e sempre gli stessi che girano. Il potere delle agenzie, spesso conniventi con i teatri, non cesserà mai, dobbiamo farcene una ragione. La Kolonits affronta il ruolo di Etszébet Szilagy che è veramente impervio, con le consuete capacità tecniche che, però, non fanno della coloratura un semplice esercizio. Tutto è sempre al servizio dell’interpretazione e dell’espressività. Nella scena finale, che vede la decapitazione del figlio Laszlo la sua disperazione è tangibile e porta ad una vera commozione. Spero di poterla ascoltare ancora tante volte, magari come augurio, fuori dall’Ungheria! Per chi ha desiderio di ascoltare l’aria “La Grange” ecco il link di un video di questa produzione fatto lo scorso anno. https://www.youtube.com/watch?v=ZtqexBW_eGc

Klára Kolonits

Anche per quanto riguarda i due ruoli tenorili c’è poco da scherzare. Nel ruolo del titolo Szalbocs Brickner presenta una bella voce, generosa e morbida all’occorrenza. Devo dire che quando lo ascoltai in streaming in un concerto da Budapest insieme a Klára non mi aveva fatto la stessa buona impressione, conferma che, quando dico che una voce va ascoltata in teatro è perchè le voci in registrazione sono altra cosa, spesso risultano meglio che dal vivo e spesso peggio. Non c’è verità in una registrazione.

Szalbocs Brickner

Nell’altrettanto difficile ruolo dell’infelice usurpatore Re Laszlo V, il tenore Ádorjan Pataki si disimpegna assai bene, tenendo sempre conto di una scrittura che porta le voci veramente allo stremo.

Adorjan Pataki

Nel ruolo del reggente Ulrik Cillei, András Palerdi che conosco per aver cantato con lui a Trapani anni fa e che purtroppo non ho potuto salutare in quanto, morendo il suo personaggio alla fine del primo atto era ovviamente andato già via, presenta la sua bella e sonora voce di basso sottolineando interpretativamente la cattiveria di questo personaggio che cospira ai danni di Hunyadi Laszlo.

Andras Palerdi

L’altro basso, Krisztián Cser nel ruolo dell’altro cattivo Miklós Gara, personaggio che sarà, in pratica, l’uccisore di László ha una voce enorme. Questa la prima cosa che mi ha colpito. Qualche suono negli estremi acuti un po’ fisso ma nell’insieme, data la difficoltà della scrittura ha avuto un’ottima resa vocale. Molto bene l’interpretazione.

Krisztian Cser

Nel ruolo di Mária Gara, triste fidanzata di László poi obbligata a sposare l’usurpatore, il soprano Kinga Kriszta si disimpegna molto bene eseguendo anche lei un’ardua cabaletta nella scena delle nozze mancate. Peccato un Si naturale non proprio centrato alla fine ma nel complesso una buona resa vocale. Molto bene il duetto con László.

Kinga Kriszta

Negli altri ruoli molto bene il soprano Laura Topolánszky che prestava la sua bella voce al bimbo (Bernát Jonatán Emri) che interpretava il ruolo di Matyas Hunyadi, fratello piccolo di László diventato da adulo Re una volta cacciati gli usurpatori del Regno. Nel ruolo di Rozgony il baritono Lörinc Kósa.

Laura Topolanszky e Bernat Jonatan Emri
Lorinc Kosa

Ottima la direzione dell’evidentemente esperto Balács Kocsár alla guida di un orchestra dal bellissimo ed omogeneo suono.

Balazs Kocsar

Ottima la prestazione del coro diretto da Gabor Csiki impegnatissimo in quest’opera. Presente anche un bellissimo coro di voci bianche diretto da Nikolett Hajzer.

Coro
Ringraziamenti finali
Ensemble
Spartito dell’opera firmato gentilmente da Klára Kolonits

Insomma, una serata che ricorderò! Alla fine, grazie ad Ariel Kaya, assistente della Kolonits, siamo riusciti ad entrare nei camerini dove abbiamo potuto parlare tranquillamente con Klára che è stata, come al solito, gentilissima e felice di vederci e che ci ha raccontato qualcosa in più di Erkel e di quest’opera e ci ha parlato di un CD proprio di arie di questo compositore registrato da poco e che dovebbe uscire a breve. In questo modo si esce da teatro completamente soddisfatti. Poi, ancora due giorni in questa stupenda città della quale sono assolutamente innamorato e dove torno sempre con grande gioia!

Con Klára nei camerini dell’Opera

Grazie come sempre per le fotografie a Guido Palmieri che ha…una fotocamera migliore della mia!!!

Opèra de Nice 19 Febbraio 2023 Donizetti “Lucia di Lammermoor”

Programma di sala
Manifesto fuori teatro

Eccomi con una nuova avventura operistica. Sarò pedante ma ogni volta ci tengo a ribadire che le mie “trasferte” sono sempre legate ad un interesse specifico. In questo caso, il motivo è il soprano statunitense Kathryn Lewek. Capitatomi per caso su YouTube un suo video dove interpreta una pazzesca (anche dal punto di vista scenico) Regina della Notte ho approfondito visionandone altri. Uno su tutti, che riguarda la vittoria del terzo premio al concorso Operalia (il concorso di Domingo per capirci), dal quale sono passati molti tra i più celebrati cantanti dei nostri giorni, dove appunto canta un interessantissimo “Regnava nel silenzio” con uno spericolato Mi naturale sopracuto che precede il Re nella chiusa della cabaletta. Quando due anni fa ho realizzato che avrebbe cantato questo ruolo a Nizza (località facilmente raggiungibile per me) ho subito acquistato il biglietto e…vai di pandemia! Salta la stagione ma, coraggiosamente, quest’anno il teatro ha deciso di riprogrammare il titolo. Anche io coraggiosamente ho acquistato quasi un anno fa il biglietto e questa volta ce l’ho fatta!

Kathryn Lewek

Le aspettative non sono state deluse. Come sempre sostengo che le voci vanno ascoltate in teatro ma, per quella che è la mia esperienza, già dalle registrazioni, risultava chiaro che non si trattava di una voce di coloratura puro ma una voce di maggior spessore pur possedendo capacità di coloratura assolutamente acrobatiche. Mi è bastata la prima frase (sono pure presuntuoso!) “Ancor non giunse” per capire che mi trovavo davanti anche ad un’interprete di alta levatura. Non c’è stato in tutta l’opera un momento in cui la Lewek abbia lasciato al caso una nota, una frase…era sempre “sul pezzo”! A mio avviso unisce ad una grande natura, un grande istinto ed uno studio vocale ed interpretativo assolutamente approfonditi. Come lei stessa ha affermato ama molto questo ruolo ed era felice di poterlo riprendere dopo tanto tempo. La capisco! In questo momento sta cantando Regine della Notte in tutto il mondo e a lungo andare quello è un personaggio che stufa! In un video pubblicato su Instagram la Lewek a Londra, in camerino, e già truccata da Regina studia Lucia. La Sills scrisse nella sua biografia a proposito della Königin: “Quanto è noiosa!”, come pure la Gruberova la tolse ad un certo punto dal repertorio non perché non potesse più cantarla ma perché si era stufata di stare quattro ore in teatro per cantare due arie (di quella portata!) e perché ormai l’aveva cantata in tutti i teatri più importanti con tutti i più grandi Direttori del tempo. Avrei dovuto ascoltare la Lewek in questo ruolo a Vienna lo scorso autunno con biglietto già acquistato ma per un “incidente di percorso” non riuscii ad andare. Spero di ascoltarla prima che la tolga dal repertorio. Tornando alla sua Lucia, dopo un Regnava nel silenzio che fa rimanere attaccati alla poltrona tanto drammatico era, si lancia in una cabaletta nervosamente gioiosa che, nella coda finale (spesso omessa), la vede eseguire un’acrobazia che la porta fino ad un Sol sopracuto. Amorosa e disperata ma non piagnucolosa nel duetto con Edgardo, altera e “resistente” nel duetto con Enrico, cedevole nella scena con Raimondo, rassegnata durante le nozze e, arrivata alla celebre Pazzia, dà il meglio di se: ogni nota ha un significato, il giusto colore, il giusto peso; esegue una cadenza non di tradizione dove troviamo acrobazie di ogni tipo ma tutto sempre legato all’espressione. Chiude la prima parte non con il consueto Mib sopracuto lasciando il pubblico un po’ sconcertato (sprovveduti ed ignoranti “as usual”!) ma ne piazza uno alla fine della cabaletta che dura più di 10 secondi facendo esplodere il teatro!!! Non amo il “circo” ma “quando ce vo’ ce vo’ “!!! Spero che in Italia qualcuno tra i nostri direttori artistici, che sempre più dimostrano di non capire nulla di voci e sempre più evidenziano il loro assecondare i giochi perversi delle agenzie, si accorga che esiste e la scritturi nei nostri teatri. Spesso sono speranze vane! Brava Kathryn Lewek. Belcanto allo stato puro!

Kathryn Lewek al termine della Pazzia

Altra sorpresa il tenore italiano Oreste Cosimo. Confesso che non sapevo nulla di questo giovane cantante e, prima di recarmi a Nizza, ho ascoltato alcune sue registrazioni tra le quali mi ha colpito molto quella relativa a “Les Contès d’Hoffmann” eseguiti proprio con la Lewek alla Deutsche Oper di Berlino. Voce “all’italiana”, bella, generosa …almeno ogni tanto un tenore italiano si fa onore! Stesso riscontro in teatro. A questo unisce una tecnica sicura che gli permette di salire in acuto senza particolari problemi in un ruolo che non lascia scampo a chi tecnicamente non è a posto. Buone le qualità interpretative ed al tutto unisce una bella presenza scenica. Bravo. Sempre per la serie “speriamo”, speriamo di poterlo ascoltare anche in Italia!

Oreste Cosimo

Nel ruolo di Enrico, cattivo fratello di Lucia, al posto dell’ammalato Mario Cassi c’era Vladimir Stoyanov. Leggo in genere recensioni molto positive nei suoi confronti. Probabilmente è un problema mio ma, ascoltato anni fa a Genova come Germont padre e qui come Enrico non mi desta alcun entusiasmo. Non posso dire male, assolutamente no ma lo trovo poco rifinito dal punto di vista interpretativo. Canta dal forte al forte (!). Pochissimi colori e, pur possedendo un buon strumento, non mi convince dal punto di vista tecnico. L’unico merito in questo caso è l’essere arrivato solo alla prova generale inserendosi all’ultimo momento. Piccolo incidente nella cabaletta dove ha dimenticato l’apertura di un taglio. Questo, data la situazione contingente è stato irrilevante.

Vladimir Stoyanov

Piccola storia triste. Del cantante che interpretava Raimondo citerò solo il nome…è meglio: Philippe Kahn. Peccato perché questo ruolo, qui eseguito integralmente, offre molto a chi lo canta ma qui eravamo al limite della decenza. Recentemente ho ascoltato a Vienna in questo ruolo Roberto Tagliavini…non aggiungo altro.

Philippe Kahn

Sul versante dei comprimari convince solo l’Alisa di Karine Ohanyan, molto impegnata vocalmente nella stretta del concertato.

Kari e Ohanyan

Terrificante, come la peggior tradizione vuole, l’Arturo (detto Lo Sposino) di Maurizio Pace. Ho un allievo di 19 anni in conservatorio che avrebbe potuto fare molto meglio.

Maurizio Pace

Meno terrificante ma senza infamia e senza lode e poco udibile il Normanno di Grègoire Mour. A volte mi chiedo se certi cantanti li prendano con i punti del Mulino Bianco!

Grégoire Mour

L’opera, eseguita quasi integralmente è stata diretta con grande perizia e perfetta conoscenza delle esigenze legate al repertorio belcantistico da Andriy Yurkevych. Questo direttore, da me visto operare moltissime volte, è sempre una garanzia. Riesce sempre ad avere una perfetta connessione fra buca e palcoscenico. Cura l’interpretazione dei cantanti con grande attenzione e amore! Uso il termine amore perché questo repertorio si deve amare per poterlo dirigere e lui, evidentemente, lo ama. Bravo e grazie per questa bella lezione.

Andriy Yurkevich

Ottima la prestazione del coro sotto la guida di Alessandro Zuppardo.

Alessandro Zuppardo
Coro de L’Opéra de Nice

Lo spettacolo. La regia tradizionale di Stefano Vizioli, su un buio impianto scenico da un’idea di Allen Mayer con costumi ottocenteschi dell’Atelier Farani, lascia un giusto spazio all’interpretazione degli interpreti ma sa tanto di raccogliticcio. In ogni caso rivediamo una Lucia con un effettivo abito da sposa e non, che so, in jeans e canottiera data la robaccia che circola (vedi la nuova produzione del Met).

Applausi finali

Complimenti, in ogni caso, all’Opèra de Nice che ha il coraggio di non scritturare sempre “i soliti” ma sceglie, magari rischiando, nuove voci che hanno bisogno di essere valorizzate.

L’Opêra de Nice

Al termine saluti all’amico Enrico Gaudino che lavora nel coro dell’Opèra e che, durante le prove, mi teneva informato (!) ed incontro con Kathryn Lewek che è una persona semplicissima e dolcissima. Abbiamo comunicato in inglese perché non si fida ancora del suo italiano, a dispetto di una pronuncia ineccepibile quando canta. Marito al seguito (credo sia un cantante anche lui), bimba piccola e ne ha anche un altro più piccolo che non c’era. Le ho detto: “Ti lasciamo, sarai stanca..”. Risposta: “Più che altro ho fame”! Troppo simpatica.

Con Kathryn Lewek
In conversazione con Kathryn Lewek

Bella conversazione con Oreste Cosimo con cui ho parlato di voce e di tecnica, argomento che gli sta molto a cuore. Mi ha detto che sarà Rodolfo a Torre del Lago la prossima estate. Chissà che io non riesca a fare un salto.

Con Oreste Cosimo
Firme e conversazione con Oreste Cosimo

Next! Con un’avventura particolare. Io credo di essere pazzo ma il mio amore per l’opera mi porta a voler conoscere sempre più di questo “assurdo” genere che, o si ama o si odia: l’opera lirica non conosce l’indifferenza! Sarò prossimamente a Budapest per ascoltare l’opera di Erkel “Hunyadi Làszlò”! Come farsela mancare? Hahahahaha!

Genova Teatro Carlo Felice Un Ballo in Maschera (ovvero Amelia e Riccardo!) 28 Gennaio 2023

Manifesto

Se giovedì ho definito il Teatro alla Scala un teatro di “peracottari” non so come potrei definire il teatro della mia città! Qui siamo veramente oltre. Stagioni abborracciate con “promesse” di nomi altisonanti che, puntualmente spariscono in corso d’opera (vedo la scomparsa sul cartellone di Marina Rebeka quale Norma e la sparizione di Tatiana Serjan in Un Ballo in Maschera). Certo, quando ero adolescente non avevamo un teatro ma avevamo fior di stagioni con tutti i più grandi cantanti del tempo che, pur consci di cantare in una struttura inadeguata, venivano a Genova perchè c’era un pubblico attento, partecipe ed entusiasta. Cito solo qualche nome per far capire quello che intendo: Carlo Bergonzi, Alfredo Kraus, Rajna Kabaiwanska, Luciano Pavarotti, Cristina Deutekom, Joan Sutherland, Piero Cappuccilli, Fiorenza Cossotto, Renata Scotto, Renato Bruson, Luisa Maragliano, Luciana Serra….e via andare! Oggi? Abbiamo un teatro…vuoto! Abbiamo un teatro che da anni propone stagioni scarne e con nomi improponibili e che, come ho scritto all’inizio promette ma non mantiene. Lo frequento ormai raramente ed acquisto i biglietti all’ultimo momento in quanto sono certo di trovarli e soprattutto la sicurezza di andare ad ascoltare quello per cui ho pagato. Tanti dicono che è un teatro troppo capiente per le esigenze della città…mah…io ho un’altra idea: Genova aveva un pubblico importante e soprattutto non stupido e ingenuo che negli anni si è assottigliato grazie a proposte poco allettanti. Se penso al Rigoletto al quale ho assistito lo scorso anno mi vengono ancora i brividi, serata che mi ha visto nel pubblico solo per la presenza di George Petean, unico nome degno di un teatro di serie A alla quale il C.F. dice di appartenere ma non si può “fare un’opera” con un nome e tutto il resto “rumenta”! Questo sfogo viene proprio da quello che ho vissuto a Genova e che non vivo e forse non vivrò più! Faccio presente che in provincia molto spesso si assiste a spettacoli molto più interessanti…che dire e che pensare? Nulla! Andiamo oltre.

Primo atto Prima scena
Primo atto Seconda scena

I motivi che mi hanno fatto muovere dalle “mie campagne” e scendere quindi a valle sono stati due: Maria Teresa Leva e Angelo Villari.

Maria Teresa Leva e Angelo Villari
Maria Teresa ed Angelo nella scena del Ballo

Seguo la crescita della carriera di Maria Teresa da quando la ascoltai la prima volta proprio a Genova in Aida e già all’epoca mi chiesi come fosse possibile aver messo in prima compagnia una cantante che aveva fatto una bella carriera nel suo repertorio ma totalmente inadeguata in questo e non lei. Già l’anno prima era stata un’inutile e poco credibile Elisabetta in Don Carlo quindi il teatro cosa fa? La riconferma come Aida…Ah! La competenza di certe direzioni artistiche…!!! Non sapevo nulla di questa giovane e mi documentai iniziando a seguire il suo percorso. Miete successi ovunque canta ma oggi era ancora in seconda compagnia. La Serjan “scompare” ed il teatro cosa fa? Figuriamoci se coglie l’occasione di operare al meglio spostando lei in prima. Macchè! Perde l’ennesima occasione e chiama una cantante che mia mamma in genovese avrebbe definito così: “A nu sa ne de mi, ne de ti, ne de nisciun” (traduco per i foresti: Non sa nè di me nè di te nè di nessuno!). Così vanno le cose in teatro! (quanti punti esclamativi vero? E sono ancora pochi!). Ho ascoltato ed incontrato Maria Teresa l’ultima volta in Arena per la sua splendida Micaela e ci siamo dati appuntamento qui. Promessa mantenuta. La sua Amelia è del tutto convincente. Il suo assetto vocale presenta una gamma totalmente presente che le permette anche di evitare l’abuso di note di petto che sono dosate con perizia. Gli acuti sono lucenti e totalmente a fuoco. Il legato perfetto. Dal punto di vista interpretativo crea un personaggio a metà fra la consapevolezza e l’ingenuità. Ama Riccardo ma rinuncia a lui per il “dovere”. C’era tutto nella descrizione del suo personaggio e tutto veniva fuori dal suo splendido canto. Mi auguro di risentirla molto presto. Chissà? Forse a Verona la prossima estate.

Ecco l’orrido campo
Morró ma prima in grazia

Angelo è legato alla mia prima supplenza in Conservatorio a Messina. Non era mia intenzione insegnare e, ancora oggi, la ritengo una responsabilità immensa anche se con gli anni ed un po’ di esperienza accumulata posso dire di amare questo lavoro e di non aver fatto danni ma mi vanto di aver aiutato tanti ragazzi a capire quale strada seguire. Prima ho detto “lavoro”: non lo è, è una passione, una missione ma bisogna crederci ed imparare ad amare gli allievi e la cosa più importante è non fossilizzarsi e seguire le caratteristiche vocali di chi si ha davanti. L’anno scarso (presi servizio a Dicembre) di Messina fu illuminante. Mi fece capire che non dovevo aver paura ed anche che avrei intrapreso questa strada con passione. Angelo era sicuramente uno degli elementi più interessanti della classe che, comunque, vedeva tante belle voci. “Soggetto” divertente, brillante e simpatico. Mi fu chiaro subito che avrebbe fatto una bella carriera. Quell’anno il Conservatorio “Corelli” allestiva “Il Filosofo di Campagna” di Galuppi. Ebbi anche il piacere di cantare con lui in quanto su tre classi non c’era una voce che potesse coprire il ruolo che poi cantai io. Ho tanti ricordi di quella “storia”. Quando mi offrii di cantare il Direttore del Conservatorio mi disse: “Ma è sicuro? Qui gli insegnanti non amano esibirsi davanti agli allievi o con gli allievi…,”. Rimasi sorpreso. Per me era un privilegio poter stare in scena con loro e consigliarli su qualcosa che tanti di loro non avevano mai fatto. Ho ancora una video di una delle recite. Un altro ricordo divertente di Angelo riguarda il saggio di fine anno. Cantò il Lamento di Federico dell’Arlesiana ma saltò a piè pari la seconda parte forse per emozione o forse per distrazione ma la bravura di Dario Sanguedolce, il nostro pianista, fece si che la cosa passasse più o meno inosservata! Quanta strada ha fatto Angelo da allora! La voce è sempre stata grande ma oggi è completa di tutto quello che ci vuole per affrontare ruoli come quello si Riccardo nel Ballo. Il controllo della voce è pressochè totale. Propone anche delle belle mezze voci. Sicuro sugli acuti (non come certi tenori tanto pompati oggi che fanno invece soffrire). Interpretativamente crea un bel personaggio. Deciso in quanto governatore e irrimediabilmente innamorato di Amelia. Commovente in una delle più belle arie che Verdi ha scritto per un tenore. Incontrarlo a distanza di tanti anni è stato molto emozionante e, per un vecchio quale sono, una vera gioia. Gli auguro un’ascesa continua e spero di riascoltarlo presto!

Forse la soglia attinse…

Pura routine o peggio per quanto riguarda tutto il resto della produzione. Il baritono Mansoo Kim mostra segni di stanchezza e arriva al termine della celebre “Eri tu” per il rotto della cuffia.

Mansoo Kim

L’Oscar di Ksenia Bomarsi è quanto di più generico io abbia ascoltato in questo ruolo. La voce, nella zona centro grave si sente poco ed anche interpretativamente il personaggio non esiste.

Ksenia Bomarsi

Maria Ermaoleva era Ulrica. Bella voce ma totalmente inadatta per questo ruolo che vorrebbe un vero contralto. A parte un incidente la zona acuta è quella più a posto. La zona grave è totalmente “inventata” e per questo suona falsa. I suoi “Silenzio” al termine dell’aria sono discretamente imbarazzanti.

Maria Ermaoleva

Sul resto del cast mi taccio perché siamo a livello di grande imbarazzo. Cito solo il Silvano di Marco Camastra che garantisce sempre una solida professionalità.

Marco Camastra

Stanca la direzione di Donato Renzetti che molto spesso mette in difficoltà le voci con tempi eccessivamente lenti traendo suoni suoni sfibrati da un’orchestra che, ultimamente e generalmente, sta suonando bene.

Donato Renzetti

Bene il coro sotto la guida di Claudio Marino Moretti.

Coro

Bello e finalmente tradizionale l’allestimento con le scene di Carlo Centolavigna e funzionale e altrettanto tradizionale la regia di Leo Nucci che, essendo stato un grande cantante, sa di cosa i cantanti hanno bisogno!

Applausi finali
Applausi finali
Applausi finali

Incontro emozionante al termine della recita con Maria Teresa, sempre gentile e simpatica e con Angelo, con quel suo viso aperto e sincero che non avevo dimenticato! Alla prossima!

Con Maria Teresa Leva
Con Angelo Villari

Solita nota polemica. Ma quanto è brutta la nuova grafica del Carlo Felice. Modernetta ed insignificante. Un teatro che si rispetti mantiene la tradizione. Per chi non ricordasse ecco una foto di un manifesto della stagione 94/95, elegante e serio; non quel rosso ridanciano dei manifesti attuali. Amen,

Quando la grafica era adeguata!

Grazie come sempre a Guido Palmieri per le belle fotografie!

Renée Fleming Evgeny Kissin Milano Teatro alla Scala 26 Gennaio 2023

Programma di sala
La sala del Pietmarini

Bellissimo il concerto di questa sera al Teatro alla Scala che vedeva come protagonisti il celebre soprano statunitense Renée Fleming ed il pianista Evgeny Kissin. Ci tenevo molto ad assistere a quest’evento in quanto penso fosse l’ultima occasione per me di ascoltare dal vivo questo soprano. Premetto che avevo ricevuto commenti molto spesso discordanti da conoscenti melomani che l’avevano ascoltata come per esempio: “Grande vocalità! Grande interprete!”… oppure: “Vocetta piccola, poco teatrale”! Di fronte a considerazioni così opposte era fondamentale per me un ascolto diretto. Premesso che la Fleming ha ormai sessantaquattro anni e la sua vocalità non sarà certo quella di vent’anni fa mi baso quindi su ciò che ho ascoltato ieri sera. Al di la del fascino personale che ha mostrato fin dal suo primo ingresso sul grande palcoscenico della Scala, che già di per sè catturava l’attenzione del pubblico esibendo poi, nel corso del concerto, due abiti stupendi che esaltavano un fisico di una trentenne al massimo, posso affermare senza alcun dubbio che il soprano ha ancora un controllo assoluto su tutta la gamma eseguendo notevoli pianissimi, mostrando un assetto vocale di tutto rispetto. Sono rimasto incantato da questa voce molto particolare ed usata in modo assolutamente personale. Anche dal punto di vista interpretativo è stata assolutamente convincente e molto comunicativa. Peccato non poterla ascoltare ancora nel repertorio operistico anche perché in questi ultimi anni la sua attività si è svolta essenzialmente negli Stati Uniti ed, in Europa, a Londra e Parigi. Ha portato questo programma in varie città europee e la cosa fa intuire quasi un addio al Vecchio Continente. Lo ripeterà ancora al prossimo Festival di Salisburgo in agosto.

I due artisti arrivano sul palco
Applausi

Accanto a lei uno strepitoso Evgeny Kissin, oggi uno dei massimi esponenti del pianismo internazionale, in assoluta sintonia con la Fleming, che ha anche eseguito brani solistici quali Sposalizio, dagli Anni di Pellegrinaggio di Liszt, il Valzer n.1 dai Quatre Valse Oubliées e Mélodie e Sérénade dai Morceaux de Fantasie di Rachmaninov. Un tocco veramente impressionante. La mia posizione in sala permetteva un ascolto ottimale (anche se continuo a pensare che, dopo i lavori di restauro di un po’ di anni fa, l’acustica della Scala sia peggiorata) ed anche il pianissimo più spinto si percepiva come qualcosa di magico ed avvolgente.

Evgeny Kissin

Il programma ha visto la Fleming passare da quattro lieder di Schubert: Suleika I, Die Vögel, Lied der Mignon e Rastlose Liebe a tre di Liszt: Freudvoll und Leidvoll, Über allen Gipfeln ist Ruh e Im Rhein in schönen Strome, per proseguire nella seconda parte con due Rachmaninov: Siren’ e Son e ancora due Liszt S’il est un charmant gazon e il celebre Oh! Quand je dors che, a mio avviso, è stato il punto più alto della serata (veramente commovente!), per concludere con due Duparc: Extase e Le manoir de Rosemonde. Il concerto, fra le acclamazioni del pubblico, si è concluso con tre bis: Ave Maria di Schubert, Spring Waters di Rachmaninov ed uno spettacolare Morgen di Strauss.

Seconda parte
Applausi

Ad attenderla in Via Filodrammatici un’orda di cinesi (sicuramente allievi del Conservatorio) eccessivamente rumorosi i quali non hanno permesso una normale comunicazione con il soprano che si è mostrata comunque soddisfatta dell’esito della serata.

Locandina
Assalto 1
Assalto 2
Assalto 3

Solita nota polemica. il pubblico della Scala è sempre più maleducato! Come è possibile che ancora la gente non sappia che non si deve applaudire se non al termine di ogni ciclo di lieder per non deconcentrare l’artista che li esegue? Mistero. Rumori di ogni tipo nelle gallerie e nei palchi con porte che sbattono, questo causato anche dalle maschere, ragazzotti non decentemente “educati al loro lavoro” che, ultimamente, usano riunirsi poi all’uscita per fumarsi delle canne…una meraviglia. Ma come li assumono? Non un mazzo di fiori donato alla Fleming. Ho assistito ad una discussione all’esterno a proposito di questo fra un abbonato ed il “factotum” Meyer il quale molto sgarbatamente ha risposto che i fiori le sono stati dati privatamente…ma da quando si fa così? E’ finita l’età d’oro della Scala, delle direzioni artistiche come quella di Paolo Grassi ecc.!!! La Scala ha solo il nome ormai. Le stagioni sono tali e quali a quelle di un teatro qualsiasi. Un teatro di “peracottari”, basti ricordare la dicitura sul programma di sala del concerto della Grigorian: Asmik Grigorian BASSO!!! Pazzesco. Questo viene da quello che dovrebbe essere il teatro d’opera più importante del mondo. Mah…mia mamma mi diceva sempre: “E’ finito il bel tempo che fu!”…Niente di più vero.

Grazie come sempre a Guido Palmieri possessore di migliori fotografie e ad Eugenio Osso fotografo degli “assalti”.

J. Strauss Die Fledermaus Genova Teatro Carlo Felice 10 Gennaio 2023

Programma di sala
Il manifesto e “la statua”

Il primo pensiero che mi viene in mente dopo aver assistito a questo spettacolo è: “Che peccato!!!”. Peccato perché, se per una volta, ho assistito a Genova (!) ad una produzione dove la parte musicale era di altissimo livello con un cast degno veramente di un teatro di serie A, ho altresì assistito ad uno spettacolo che posso definire solo con un termine: stupido! Scenografie di Luigi Perego scarne ed inutili che, in un palcoscenico enorme come quello del Carlo Felice, si perdevano. Un enorme struzzo che incombeva in maniera inquietante, presenza questa spiegatami poi dalla gentilissima Danae Kontora ovvero: lo struzzo mette la testa nella sabbia per nascondersi ma tutto il corpo è visibile così come i personaggi di questa operetta si nascondono fingendosi altre persone ma alla fine vengono smascherati. Mah…altre stronzate da inventare le abbiamo? Purtroppo sì!!! Un mio allievo cinese che aveva assistito ad una precedente rappresentazione mi aveva scritto chiedendomi il significato della parola “belin” dicendomi che veniva usata dal Carceriere nell’ultimo atto. Ho pensato che forse, dato che siamo a Genova, fosse stata inserita nel dialogo come riferimento al nostro dialetto nonostante i dialoghi fossero in tedesco; grande trovata!!! Mi sbagliavo! Durante tutto il terzo atto il Carceriere ha usato il noto intercalare ogni tre parole circa. Veramente imbarazzante. Oltretutto il povero attore Udo Samel la pronunciava con due L, “Bellin” tanto che, se non avessi letto la parola nei sopratitoli, non avrei forse capito la citazione…ancora più imbarazzante! Inspiegabile la presenza sulla scena di quattro comparse in tuta da operaio che interagivano con il tutto spostando riflettori e cose simili…ma perché? Questa la regia di Cesare Lievi. Non aggiungo altro se non che mancava la base: l’atmosfera viennese che si avvertiva solo nella realizzazione musicale ma che purtroppo sì dissolveva in questo spettacolo inutile.

Lo struzzo incombente con Deniz Uzun
Insieme
Primo atto
Il bravo Udo Samel

Veniamo al cast. Nel ruolo di Eisenstein il baritono danese Boje Skovhus, nonostante non sia più un ragazzino ha dimostrato, in un ruolo che viene spesso interpretato anche da tenori, una tenuta vocale veramente invidiabile e qualità interpretative ed attoriali, data la lunga esperienza, veramente notevoli.

Boje Skovhus

Sul versante maschile molto bene anche il baritono Liviu Holender nel ruolo del Dottor Falke. Pregevole l’introduzione al concertato del secondo atto.

Liviu Holender

Bene Bernhard Berchtold come Alfred, Levent Bakirci quale Frank, direttore delle carceri e Benedikt Kobel, Dr. Blind l’avvocato.

Bernhard Berchtold
Levent Bakirci
Benedikt Kobel

Come ho scritto sopra il livello del cast andava dall’alto all’altissimo, cosa singolare per Genova!

Applausi finali

Note felici anche sul versante femminile. Al debutto nel ruolo di Rosalinde Valentina Nafornita presentava una vocalità più corposa rispetto a quando l’ascoltai a Vienna come Zerlina in Don Giovanni. Precisa nelle agilità che il ruolo prevede. Registro acuto brillante e molto presente: una bella conferma per me.

Valentina Nafornita

Nel ruolo di Adele il giovane soprano greco Danae Kontora mi ha piacevolmente sorpreso. L’avevo ascoltata solo in video e già da quelle registrazioni ero rimasto stupefatto dalla disinvoltura con la quale gestisce agilità e sopracuti ma, come dico sempre, una voce va ascoltata in teatro; impressioni confermate. Spero di poterla ascoltare in futuro magari come Zerbinetta o Olympia (dove esegue delle variazioni spettacolari). Andate ad ascoltarla su YouTube: vale veramente la pena! Grande musicalità e notevoli doti attoriali in un ruolo nel quale sono indispensabili.

Danae Kontora

Nel ruolo di Orlofsky il giovane mezzo Deniz Uzun ha mostrato una vocalità di tutto rispetto ed ottime qualità interpretative.

Deniz Uzun

Bene Alena Sautier nel piccolo ruolo di Ida.

Alena Sautier

Di Fabio Luisi si è già detto tutto. Fa suonare bene chiunque stia sotto la sua bacchetta. In questo caso oltre la consueta precisione nel gesto e nella scelta dei tempi ha realmente ricreato quello spirito viennese assolutamente necessario per l’esecuzione delle musiche di Strauss purtroppo, come ho detto prima, un po’ inibito dall’ inutile allestimento. Funzionale la resa del coro sotto la guida di Claudio Marino Moretti.

Fabio Luisi e Claudio Marino Moretti

Al termine le solite due parole con gli artisti, tutti estremamente gentili. Qualche parola in più con Danae Kontora che è una persona deliziosa alla quale auguro una carriera strepitosa quale merita!

Con Boje Skovhus
Con Valentina Nafornita
Con Danae Kontora

Opera de Montecarlo 11 Dicembre 2022 L. Delibes Lakmè

Programma di sala
Auditorium Ranieri III

Eccomi a parlare di quella che sarà probabilmente una delle mie ultime trasferte. Tra l’altro bella occasione per incontrarmi con un’amica di vecchia data Laura Romo Contreras, ottimo soprano, che ha diviso con me in passato avventure musicali e che da qualche anno canta nel coro dell’Opera di Montecarlo come pure Paola Scaltriti grande Azucena in un paio di Trovatori cantati con lei. Veniamo a Lakmé. Lakmè è il ruolo nel quale ho ascoltato nel 2017 a Marsiglia dal vivo e per la prima volta Sabine Devieilhe. Li è nato il mio amore per questo soprano e per quest’opera della quale conoscevo molto poco. Da li ho sempre cercato nei limite del mio possibile di seguire quest’artista straordinaria: Blondchen alla Scala, Zerbinetta ad Aix (debutto nel ruolo) ed alla Scala, Arie da Concerto di Mozart a Roma S. Cecilia, Königin Der Nacht nel Zauberflöte a Bruxelles, Sophie nel Rosenkavalier a Zurigo, Marie a Vienna ed a Londra, Ophelie (Hamlet) a Parigi, Constance (Les Dialogues) a Parigi, un concerto a Zurigo in piena pandemia, ancora Lakmè a Madrid fino ad Ilia nell’Idomeneo ad Aix la scorsa estate.

Sabine al termine dell’aria delle Campanelle

Sabine incarna il vero e puro soprano di coloratura il che significa che se il solito sprovveduto, limitato ed incompetente ascoltatore di audio/video su YouTube assurto a ruolo di melomane esperto, si aspetta di sentire una voce dal volume di una Dimitrova o Nilsson resterà stupidamente deluso o, al meglio, sorpreso. E’ caratteristica e pregio di questa tipologia di soprano l’esilità della voce. Questo non vuole significare “non si sente” anzi, un’ottima proiezione del suono fa apprezzare anche la sua prima ottava e la zona centrale in genere al di la della zona acuta e sopracuta. Ricordo che anni fa Sabine si fece tentare ed avrebbe dovuto debuttare Gilda a Marsiglia, poi cancellò. Le chiesi il motivo di questa cancellazione e lei mi rispose: “No. Lei (Gilda) è troppo grande per me”! Questa è intelligenza!!! A tutte queste caratteristiche tecniche unisce una musicalità pazzesca e straordinarie qualità interpretative che, in una versione in forma di concerto, come questa è stata, risaltano ancora di più! Io mi ripeto sempre e volutamente ma un cantante che proviene dallo studio di uno strumento ha qualcosa in più. Sabine è violoncellista e non aggiungo altro. Venendo allo specifico la sua Lakmè, negli anni, è maturata. Il personaggio è cresciuto sia dal punto di vista vocale sia da quello interpretativo. Il personaggio ha uno scavo maggiore dal punto di vista psicologico e sempre di più ne è chiara la sua visione: Lakmè “intrappolata” dal padre che, per suoi motivi religioso/politici la trasforma in una dea inaccessibile, lei che è solo una fanciulla pura ed ignara delle cose del mondo. Giuro che non c’è stato un momento dell’opera in cui io non mi sia commosso. La preghiera iniziale, l’incontro con Gerald, le famose “clochettes” che per lei non sono solo un esercizio ginnico. Io sono così. Avvertivo l’imbarazzo di mia figlia che era seduta vicino a me, lei che invece è una apparentemente rigida ma che interiorizza tutto. Nel finale, dove la voce di Sabine sembrava arrivare da un altro mondo, le lacrime scendevano senza ritegno e non me ne vergogno. Questa per me è l’opera, questo è quello che deve suscitare e comunicare. Grazie Sabine! In questo momento, per me non facilissimo, le emozioni che mi trasmetti sono una medicina. Spero di avere in futuro altre occasioni “curative” come questa.

Sabine Devieilhe
Le ultime emblematiche parole che Lakmé rivolge a Gerald al termine dell’opera.

Il resto del cast era assolutamente all’altezza. Mi ha molto sorpreso e piaciuto il tenore Cyrille Dubois. Lo avevo ascoltato (in video) proprio come Gerald in una Lakmè con Sabine a Mosca e non mi aveva proprio impressionato ma, come dice sempre a tutti ed a me stesso, le voci vanno ascoltate dal vivo per averne una precisa impressione e così è stato. Tipico tenore lirico leggero di scuola francese e, ovviamente, totalmente a suo agio in questo repertorio e in questo tipo di scrittura vocale. Sicurissimo tecnicamente ed estremamente espressivo. Perfetto partner per la Lakmè di Sabine. Commovente nella sua bellissima aria “Fantaisie aux divin mensonges” e nel finale dell’opera.

Cyrille Dubois

Nel ruolo dell’autoritario padre Nilakantha il baritono Lionel Lothe ha presentato una vocalità bella ed imponente dimostrando che anche una voce “grande” può, se sorretta da una tecnica adeguata, cantare piano sfruttando tutte le dinamiche scritte a favore di una grande espressività! Bravo! L’esecuzione della sua aria “Lakmè ton doux regard se voile” è stata oggi un punto altissimo nell’esecuzione dell’opera.

Lionel Lothe

Nel ruolo di Mallika, confidente di Lakmè ed impegnata nel duetto dei Fiori, una delle pagine più note dell’opera grazie anche ad un suo uso smodato in vari spot pubblicitari, il mezzosoprano Fleur Barron mostra una bella vocalità e si trova in perfetta sintonia con il soprano.

Fleur Barron

Molto bene anche il baritono Pierre Doyen nel ruolo di Frédéric, militare ed amico di Gerald come pure Erminie Blondel, Ellen la figlia del Governatore. Charlotte Bonnet, Rose sua amica, Svetlana Lifar, la Governante di Ellen ed Matthieu Justine, Hadij un servo indù. Questi ruoli non sono poi così marginali ed in questa occasione sono stati eseguiti molto bene ottimizzando così l’alto livello del cast. A Madrid, per esempio, erano discretamente scadenti a parte Enkeleida Schkosa nel ruolo della Governante. Le direzioni artistiche dovrebbero stare attente quando scritturano cantanti per i ruoli comprimari: il basso livello delle seconde parti abbassa il livello di tutta la produzione. Precisi ed adeguati nei loro piccoli interventi durante la scena del mercato Lorenzo Caltagirone, Thierry Di Meo e Przemyslaw Baranek, elementi del Coro.

Pierre Doyen
Charlotte Bonnet. Erminie Blondel
Matthieu Justine

Ottima la prova dell’Orchestra sotto la direzione di Laurent Campellone. Confesso di aver sentito questo nome per la prima volta e, fatta una ricerca su internet, ho scoperto in lui un esperto nel repertorio francese e considerato, alla pari di Michel Plasson, un suo strenuo difensore nonchè depositario della tradizione.

Ottima anche la prova del Coro istruito da Stefano Visconti. Il coro in quest’opera ha un ruolo importantissimo ed è spesso messo alla prova “viaggiando”in tessiture impervie.

Orchestra e Coro de L’Opera de Montecarlo
Applausi finali

Felicissimo quindi di aver assistito a questa Lakmè in forma di concerto e di aver gioito ancora una volta della grande interpretazione di Sabine Devieilhe o come la definisco io “La Voce degli Angeli”!

Applausi

Alla fine abbiamo aspettato Sabine che stava partendo per Parigi dove, in questi giorni la produzione trasloca da Montecarlo al Théâtre des Champs Elysées per una rappresentazione. Sempre gentile, semplice ed alla mano, le ho presentato mia figlia Elena che è nata nel suo stesso anno (anni fa mi disse: “Ottima annata!”). Oggi tra l’altro è il suo compleanno che può così festeggiare in famiglia. I veri grandi sono semplici. Questa è Sabine Devieilhe!!! Alla prossima.

Con Sabine Devieilhe

Fotografie fornite come sempre dall’amico Guido Palmieri tecnicamente sempre sul pezzo!

Opera de Marseille 20 Novembre 2022 Verdi Giovanna d’Arco

Ancora una trasferta, non particolarmente lontana, per ascoltare un’opera poco rappresentata ma soprattutto per assistere al debutto di Yolanda Auyanet nel ruolo del titolo. Strana quest’opera, la settima di Verdi.. L’ho ascoltata molti anni fa a Genova e confesso che mi recai a teatro molto impreparato. Conoscevo solo la Sinfonia ed avevo ascoltato un paio di volte l’aria di Giovanna “O fatidica foresta”. Non ne ebbi una grande impressione. Tra l’altro protagonista del tutto inadeguata era Mariella Devia. Ricordo che tutti a teatro si chiedevano il perché di questa scelta da parte del grande soprano, scelta infelice in quanto anche se la scrittura vocale del ruolo è si assolutamente belcantistica e spinge spesso la voce in acuto ha però bisogno di un corpo centrale e grave molto consistente, cosa che i soprani di quell’estrazione difficilmente hanno. Insomma, l’opera non mi colpì per nulla, la trovai slegata, con una trama sconclusionata e rimasi in seguito perplesso leggendo che Verdi in una lettera a Francesco Maria Piave la considerava “il suo miglior lavoro senza eccezione e senza dubbio”. Non è di questo avviso la critica più recente che, senza condannarla, la relega in un posto non proprio di primo piano. La prima esecuzione ebbe comunque un discreto successo grazie anche all’interpretazione di Giovanna da parte di Erminia Frezzolini.

L’esecuzione di oggi era in forma di concerto. Io amo particolarmente questo tipo di scelta anche se l’opera lirica “ha bisogno” della scena ma, come dico sempre, piuttosto che assistere ai sempre più frequenti scempi e stupri di questo mio amato genere, meglio dedicarsi all’aspetto musicale e concentrarsi su quello.

I complessi dell’Opera di Marsiglia sono di discreta portata. Buona la prova del coro sotto la guida di Emmanuel Trenque. L’orchestra, un po’ slegata, era guidata da Roberto Rizzi Brignoli che si è limitato ad una lettura pulita ma nulla di più. A volte penso che certi direttori pensino che per far “vivere” al meglio le opere verdiane basti accelerare i tempi. Mah…la dinamica verdiana a mio avviso ha bisogno di ben altro. In ogni caso c’era una discreta intesa con i cantanti e questo è già tanto.

Carlo VII era Ramòn Vargas. Lo ricordo giovanissimo al Carlo Felice di Genova quale straordinario Nemorino accanto a Luciana Serra ed a Parigi più recentemente notevole protagonista ne “Les Contes d’Hoffmann”. Il tempo passa e la voce si è irrobustita. La sua prova è stata assolutamente convincente in questo ruolo che, come quello di Giovanna, risente ancora della scrittura donizettiana. La voce, omogenea e facile in tutti i registri, non denuncia segni di stanchezza ed il colore è sempre molto bello ed affascinante.

Sono rimasto molto colpito dal baritono Juan Jesùs Rodriguez. Non conoscevo assolutamente questo cantante spagnolo ed ho scoperto, cercando sue notizie, che è considerato oggi uno dei migliori baritoni per il repertorio verdiano. Grave mancanza da parte mia! Il ruolo di Giacomo, padre di Giovanna, è l’unico che, come scrittura, si spinge oltre quella che era la scrittura verdiana di quel momento e va a fare compagnia alle altre tanto amate figure paterne di Verdi; non ha ovviamente lo scavo psicologico di un Rigoletto ma riesce già ed emergere dal punto di vista del carattere. La vocalità di questo baritono è sorprendente. Quando ha aperto bocca ho addirittura pensato che fosse un basso forse perché ormai siamo abituati a baritoni che nella zona grave sono “vuoti”! Rodriguez offre una stupefacente omogeneità in tutti i registri e svetta in acuto come recentemente mi è capitato poco di ascoltare. Notevoli anche le qualità interpretative. Per me una vera sorpresa. Sono ancora perplesso per questa mia mancanza data la mia “fissazione” per l’opera…sto invecchiando! Spero di poterlo ascoltare ancora in futuro.

Veniamo a Yolanda Auyanet. Di questa cantante, che è anche una vera amica, potete leggere tutto su di un articolo che le ho interamente dedicato. Si eviti di pensare che ne parlo bene per questo motivo. Proprio agli amici io dico quello che penso altrimenti non sarei loro amico! La sua evoluzione vocale è stata notevole. Partita con un repertorio da lirico leggero, ma con un corpo vocale che faceva presagire altro, si è gradualmente ed intelligentemente mossa verso un repertorio totalmente lirico tendente al drammatico restando però sempre nell’ambito del belcanto e le sue recenti interpretazioni di Elisabetta nel Roberto Devereux donizettiano a Palermo e Siviglia ne sono la prova. La sua vocalità è ora perfetta per il ruolo di Giovanna. Gestisce tutta la gamma vocale con estrema disinvoltura e presenta una paletta di colori vastissima, il tutto unito alle sue ben note qualità interpretative. Ogni volta che l’ascolto, come le dico sempre, è una gioia per il cuore e per l’anima. Conto di poterla applaudire tante e tante volte ancora!

Il pubblico di Marsiglia ha accolto calorosamente questa produzione e tutti i suoi interpreti con applausi a scena aperta e ovazioni finali.

Consueti saluti finali agli interpreti che si sono dimostrati estremamente disponibili e gentili. Avrei parlato molto più a lungo con Yolanda ma spero che ci sia occasione in futuro.

Questa sarà purtroppo e probabilmente una delle mie ultime trasferte. Il costo della vita è terribilmente aumentato e bollette del gas da 935 euro non mi permetteranno più di viaggiare per ascoltare la mia amata opera. E’ molto triste ma è così. Ormai più che vivere sopravvivo. Tutto ciò mi rende molto triste perché l’opera e la musica e l’ascolto dal vivo sono per me linfa vitale ma…necessità fa virtù…così recita il noto proverbio! Ancora due trasferte , Lakmè a Montecarlo e Lucia a Nizza e poi…chissà…forse il nulla.

Milano Domenica 30 ottobre 2022 G. Verdi Requiem Orchestra e Coro Sinfonico di Milano Auditorium Cariplo

Consueta foto sotto il manifesto

Scappata veloce a Milano per ascoltare una composizione immortale del Cigno di Busseto, la Messa da Requiem. Non scriverò nulla di specifico relativamente alla composizione perché tutto è già stato detto su di essa. La mia, al solito, vuole solo essere una cronaca di quanto ascoltato. Il preciso motivo d’interesse era la presenza fra i solisti di Anna Bonitatibus, “vecchia amica” e compagna di studi che ho ritrovato dopo vent’anni la scorsa estate ad Aix en Provence dove fu uno splendido Idamante nel mozartiano “Idomeneo”. Dopo aver letto un post di Anna dove sottolineava la volontà di Verdi di utilizzare per le voci delle dinamiche molto precise con molti “piano” e “pianissimo” ho preso lo spartito e non potuto far altro che verificare quanto da lei affermato. Ne abbiamo anche parlato dopo il concerto. Rimane una perplessità: perché chiedere alle voci sonorità così rarefatte quando le stesse voci si ritrovano inserite in sonorità orchestrali e corali di ben altra portata? Un mistero inspiegabile. Forse ci vorrebbe una via di mezzo dal punto di vista esecutivo ma Verdi, si sa, vie di mezzo non ne vuole quindi la tendenza generale è quasi sempre la scelta di votarsi all’urlo quasi si trattasse di repertorio verista.

Insieme al completo

Ieri, quindi, mi sono trovato di fronte ad una sorta di fritto misto per quanto riguarda l’esecuzione delle parti vocali. Il Maestro Claus Peter Flor che pure ha fornito, in generale, una lettura convincente della partitura, non è stato forse così capillare nelle indicazioni suggerite ai solisti che sembravano cantare spesso ognuno per conto proprio.

I quattro solisti

Nello specifico: l’unica ad aver fornito una prova superlativa è stata proprio Anna Bonitatibus. Risparmio ai soliti simpatici il commento malevolo: “Eh…ne parla bene perché é una sua amica…!”. Io non sono mai stato risparmiato da nessuno quando cantavo e, sempre per i “simpatici”, non si fa del bene agli amici parlandone bene a tutti i costi, proprio perchè sono amici. La sincerità è quella che tiene salde le amicizie, che per quanto mi riguarda, in questo ambiente sono molto poche. Terminato il sermoncino di spiegazione, per chi vuole intendere ovviamente, torno ad Anna Bonitatibus. Caparbiamente convinta di quanto affermato in precedenza ha fornito un’esecuzione che si distacca di molto da quelle da me ascoltate finora. Verdi ha scritto questo ed io devo cercare di fare questo sembrava essere il suo motto. E’ molto facile avendo una bella voce sbattere in faccia all’ascoltatore ignaro suoni “grassi” quasi a creare effetti che però non sono, a questo punto, quelli voluti dall’autore. Anna ha remato al contrario come voler dire: “La voce so di averla ma non è sufficiente per “dire” quello che l’autore ha voluto”. Esegue quindi un “Liber scriptus” veramente commovente senza avere l’acceleratore pigiato a tavoletta come spesso accade, senza gonfiare ed ingrossare i suoni come a voler affermare il tipo di vocalità. Tutti i suoi interventi sono stati eseguiti nel rispetto della partitura e delle altre voci evitando la solita gara: facciamo a chi urla di più! Come dico spesso: “Si impara sempre qualcosa” ed anche in questa circostanza è accaduto. Grazie Anna!

Anna Bonitatibus e Carmela Remigio

Un ottimo materiale vocale ha il giovane tenore catanese Valentino Buzza, che ha già al suo attivo un nutrito curriculum soprattutto nel repertorio barocco, ma questo a me non basta. Voce c’era, solo quella. Povertà di colori nell’esecuzione dell’ “Ingemisco” (e li le indicazioni dinamiche sono chiarissime). A tratti problemi di intonazione (una certa tendenza ad essere crescente) Mi direte: “Si fa come si può” oppure io suggerisco: “Se non si può non si fa”. Il repertorio dal quale potrà attingere è vastissimo e forse ci sono composizioni più adatte alle sue caratteristiche.

Onesta ma nulla di più la prova del basso Fabrizio Beggi da me già ascoltato a Genova anni fa quale pallido Ramfis in Aida. La voce c’é ma l’emissione è a tratti avventurosa. Spesso gli estremi acuti sono fissi e soprattutto una cosa: perché quando uno canta con la voce di basso deve sempre atteggiarsi come se fosse l’orco delle favole? “Guardatemi come sono cattivo! Io sono un basso, cosa credete?”. Speravo che questo tipo di cliché fosse ormai superato da tempo e soprattutto fosse evitato dai giovani…evidentemente non è così!

Valentino Buzza e Fabrizio Beggi

Vengo alla nota più dolente di questa esecuzione. Il soprano Carmela Remigio è affermata cantante in carriera già da molto tempo. Il timbro non è mai stato tra i più affascinanti ma, dal mio punto di vista, la cosa diventa irrilevante a patto che la voce sia gestita correttamente dal punto di vista tecnico. Purtroppo, oltre a non essere sorretta da un adeguato assetto tecnico, laddove ogni vocale sembra collocata in posti diversi con una pronuncia delle I e delle E a tratti imbarazzante, la voce risulta inesorabilmente usurata da scelte di repertorio avventate fatte durante la carriera, una per tutte quella di voler interpretare l’impervio ruolo di Norma. Ritrasmessa dalla Rai poco tempo fa la mostra, in totale inadeguatezza, porgere il fianco a tutte le difficoltà che il ruolo comporta e spesso le si legge nel volto il terrore provato (e in questo senso la televisione è spesso impietosa). Anche in questa occasione mostra una prima ottava “parlante” e totalmente inadeguata ad affrontare le frasi drammatiche che il compositore le affida. In acuto le cose non vanno meglio. Ogni acuto è forzato e soprattutto chiude la prima parte del “Libera me Domine” con un Sib al limite dell’urlo e tolto via con la velocità del lampo. Lascia addirittura diverse frasi dove si trova al raddoppio con i soprani del coro forse per arrivare al finale un poco più rilassata ma invano. Perché mi chiedo? Io credo e spero che lei sia assolutamente cosciente e, in tal caso, l’amor proprio dovrebbe fare il resto. Tornando al discorso di prima , se fossi un suo amico, non esiterei a parlarle in questo senso. E come già espresso in questo ambiente esistono solo gli adulatori o gli approfittatori. Gente sincera molto poca ahimé!

Ottima la prova del coro sotto la guida di Massimo Fiocchi Malaspina. Una bella tavolozza di colori. Potenza dove necessaria ma anche morbidezza di suono nei “piano” previsti. Buona anche la prova dell’Orchestra Sinfonica di Milano sotto la guida di Claus Peter Flor, direttore di cui non avevo alcuna contezza ma che, da curriculum, sembra operare fondamentalmente in teatri di area germanica e negli Stati Uniti.

Solisti, Direttore e Maestro del Coro

Piccola nota, in questo caso non polemica ma di colore: io credo di non aver mai trovato un’acustica così brutta come in questo auditorium che è, peraltro, la sede della stagione della Sinfonica di Milano. Le voci dei solisti, che pure erano collocati “davanti”, sembravano provenire da lontano e spesso erano sovrastate dalla massa sonora formata da coro ed orchestra. Certi strumenti risaltavano più di altri. Ho trovavo acustiche migliori in situazione all’aperto…ed è tutto dire.

Il manifesto

Contento comunque di esserci stato e di aver ascoltato dal vivo questa composizione monumentale, cosa che non accadeva da molti anni.

Anna Bonitatibus giustamente e seriamente “mascherata” avendo davanti altri quattro concerti a distanza ravvicinata! Meglio essere previdenti!

Un grazie, come sempre, per le fotografie agli amici Guido Palmieri ed Eugenio Osso. Io ho la videocamera del telefono mobile rotta pertanto non ne posso fare e, dati i costi delle bollette di gas ed energia elettrica che arrivano ed arriveranno, finché l’oggetto in questione non sarà letteralmente morto e sarò costretto a prenderne uno nuovo le fotografie non faranno più parte del mio operato. Va così, olè!!!

Napoli Teatro di San Carlo V. Bellini “I Puritani” Venerdi’ 16 Settembre 2022

Locandina

Come sempre spiego nel mio blog, i miei “viaggi operistici” hanno una motivazione precisa. In questo caso ero riuscito ad unire un po’ di cose e situazioni: ascoltare Lisette Oropesa, un soprano che amo molto, al suo debutto nel ruolo di Elvira; ascoltare nuovamente Xabier Anduaga, un giovanissimo tenore che già al primo ascolto mi aveva impressionato molto; visitare Napoli e vedere finalmente per la prima volta il Teatro di San Carlo citato da tutti come il più bel teatro italiano di tradizione. Per tutto questo ho preso il biglietto esattamente un anno fa. Non è da me programmare le cose così a lungo termine ma era l’unica soluzione per avere un buon posto ad un costo accettabile.

Consueta foto davanti al manifesto

Il viaggio è però iniziato nel peggiore dei modi. Partenza il 15 sera. Aereo (per una volta da Genova!) con tre ore e venti minuti di ritardo. Già se fosse stato in orario sarebbe stato un piccolo problema in quanto l’atterraggio era previsto a Napoli alle 22,30 (scelta fatta per sfruttare 16 e andare in giro per la città. Meno male che il proprietario del B&B dove alloggiavo si è offerto gentilmente di venirmi a prendere all’aeroporto in quanto a quell’ora sarebbe stato difficile recuperare anche un taxi e quando si è in una città che non si conosce tutto diventa più complicato. Anche il meteo non era molto favorevole ma almeno quello fortunatamente mi ha graziato dandomi così la possibilità di girare un po’ senza dover aprire l’ombrello.

Il Vesuvio

La città mi ha impressionato molto. E’ evidente che è un gran pezzo di storia del nostro Paese. Bellezze artistiche ed archeologiche in ogni dove. Purtroppo, avendo poco tempo a disposizione, ho dovuto fare delle scelte ma, non è detto, magari tornerò per approfondire. La mia impressione, forse un po’ frettolosa, è quella di una città piena di contraddizioni, cosa che si può rilevare nelle grandi città; stessa impressione mi fece Palermo dove però ebbi molto tempo per averne un’idea più precisa. Per quello che è il mio grado di sopportabilità attuale, data l’età, a Napoli il caos è veramente insostenibile. Per chi ci è nato è sicuramente l’abitudine ed é irrilevante ma per chi viene da fuori e non è abituato a ciò non lo è. Ma questo è un problema mio che non va ad intaccare la bellezza ed il grande valore di questa città.

Piazza Plebiscito
Il Maschio Angioino
La Galleria Umberto I
La Pizza di Michele (immancabile!)

L’incontro con il Teatro San Carlo è stato emozionante. Solo un altro teatro in Italia mi ha fatto questa impressione ed è la Fenice di Venezia (dove avevo anche sostenuto un’audizione prima dell’incendio). I colori dell’affresco sul soffitto, le decorazioni, l’illuminazione…da rimanere attoniti. E’ come essere catapultati in un’altra epoca…quella dei miei sogni, dove forse avrei voluto vivere. L’acustica è impressionante. Chi fa musica li è sicuramente un privilegiato.

Esterno
Interno
Soffitto
Palco Reale
Particolari
Dalla mia postazione

Arrivo all’opera a cui ho assistito. Alla partenza doveva essere una produzione in forma scenica e l’allestimento scelto era quello del Teatro Real di Madrid ma, durante l’anno, si é trasformata in una produzione in forma di concerto cosa che, dati i tempi non mi é dispiaciuta affatto. Come dico sempre: piuttosto che vedere un allestimento osceno e irrispettoso dell’opera stessa preferisco sentire un concerto e dedicarmi alla musica ed alle voci. La motivazione di questo cambio fornitami dalla Oropesa, quando ad aprile scorso sono stato a Vienna per ascoltarla in Lucia, è legata alla pochezza dei giorni di prove, insufficienti per arrivare ad un buon risultato in palcoscenico.

Lisette Oropesa

La scelta musicale è caduta su una versione particolare e abbastanza completa con in più, rispetto allo spartito corrente, un bellissimo terzetto fra Arturo, Riccardo ed Enrichetta che impegna maggiormente il tenore (semmai ce ne fosse stato bisogno!), una parte centrale del duetto del terzo atto fra Arturo ed Elvira (che si trova nella versione Malibran) ed il rondo finale “Ah, sento o mio bell’angelo” qui interpretato dalla sola Elvira. Un piacere per le mie orecchie dato che “I Puritani è una delle mie opera del cuore”.

Applausi finali

Ed ora le voci. Partiamo dai “motivi” della mia trasferta. Lisette Oropesa, al debutto nel ruolo di Elvira, ruolo su cui ha lavorato molto e debutto (finalmente!) tanto desiderato. La Oropesa si conferma oggi come uno dei soprani di riferimento nel repertorio belcantistico. Il suo assetto tecnico le permette di gestire con estrema facilità tutte le difficoltà che questo ruolo comporta. Centra perfettamente il carattere del personaggio e non ne fa una giovane piagnucolosa come spesso avviene. La famosa “Vergin vezzosa” non è solo un esercizio virtuosistico ma comunica la gioia e l’emozione della giovane Elvira per le sue prossime nozze. La scena di pazzia è risolta con una venatura malinconica nella voce durante l’aria che mi ha portato alle lacrime. Risolve con decisione la cabaletta portando il pubblico ad una vera e propria ovazione. Stessa emozione nella voce nel duetto con Arturo ed exploit finale con una brillantissima esecuzione del Rondo. Il ruolo di Elvira, al di la delle difficoltà esecutive dal punto di vista tecnico vocale è uno tra i più complessi dal punto di vista interpretativo. Questo continuo altalenare di emozioni è molto difficile da gestire e la Oropesa esce vittoriosa da questo cimento. Spero di poter andare la prossima stagione alla Scala per la sua Lucia (credo in una edizione critica), opera che avrebbe dovuto inaugurare la stagione saltata per la pandemia. Grazie Lisette per le emozioni che ci regali ogni volta!

Primo abito
Secondo abito
Terzo abito
Quarto abito!

Xabier Anduaga è un giovanissimo tenore che, se farà scelte di repertorio giuste, ci riserverà bellissime sorprese. La voce, ben gestita tecnicamente, ha un timbro affascinante. Affronta acuti e sopracuti con una facilità impressionante come pure i piani ed i pianissimi. E’ un Arturo giovane e baldanzoso. Sarò felicissimo se avrò altre occasioni per poterlo ascoltare ed assistere alla sua crescita ed ascesa nella sua carriera. Bravissimo!

Xavier Anduaga

Note meno felici per il resto del cast. Il baritono (?) Davide Luciano, nel ruolo di Riccardo, presenta un assetto vocale curioso. A tratti sembra una voce impostata e a tratti sembra una voce naturale priva di imposto quasi da cantante di musica leggera. Manca soprattutto una cosa che in Bellini è indispensabile: il legato. Canta comunque bene e con gusto ma per quelli che sono i miei parametri ed i miei gusti è troppo poco, soprattutto se parliamo di teatri e produzioni di serie A.

Davide Luciano

Gianluca Buratto, che sostituisce il previsto dal cast originale Alexandros Stavrakakis (che sarebbe stato un altro motivo di interesse), nel bellissimo ruolo di Giorgio si dimostra un cantante dalla tecnica avventurosa vedi i Mi naturali strozzati in gola nel duetto con Elvira (ma qualcuno gli ha spiegato che esiste il passaggio di registro?). Il volume dello strumento è notevole anche se tutto è un po’ urlato. Il timbro non è accattivante. Generico interpretativamente in un ruolo che offre mille possibilità per farne qualcosa di unico. Peccato. Occasione persa. Piccola nota polemica: ma perché fare il Bis di “Suoni la tromba” se tutti e due erano già distrutti alla fine della prima volta ed omettere ed accennare così molte frasi? Che senso ha?

Gianluca Buratto

Chiara Tirotta nell’ingrato ruolo di Enrichetta di Francia presenta un timbro gradevole ma una voce talmente priva di proiezione che, nonostante la mia splendida posizione e l’acustica perfetta del teatro, era letteralmente sovrastata dall’orchestra.

Chiara Tirotta

Di routine Nicolò Donini quale Gualtiero Walton ed invece molto bene Saverio Fiore come Sir Bruno Robertson. Saverio, con il quale ho avuto il piacere di condividere molte recile de La Boheme in Molise anni fa presenta una voce dal bellissimo timbro ed una intelligenza interpretativa che gli permette di dare il giusto senso anche a piccoli ruoli come questo.

Saverio Fiore e Nicolò Donini

Mi è piaciuta la direzione di Giacomo Sagripanti alla guida dell’ottima orchestra del San Carlo. E’ la prima volta che vedo al lavoro questo giovane direttore. Gesto sicuro ed ottime intenzioni interpretative. Tempi adeguati che in Bellini vengono spesso travisati. La melodia belliniana, se non affrontata adeguatamente, può risultare improvvisamente noiosa. Spero di sentire ancora opere dirette da lui, magari in un altro tipo di repertorio.

Giacomo Sagripanti

Ottima anche la prestazione del coro sotto la guida di José Luis Basso.

Consueta attesa dei cantanti per un saluto. Lisette è sempre carina e sorridente con tutti nonostante potrebbe avere i suoi motivi per essere stanca dopo un impegno simile ma, nonostante ciò, ha sempre una parola gentile per tutti e si presta alle richieste di autografi e fotografie delle numerose persone presenti.

Con Lisette Oropesa

Stessa gentilezza da parte di Xabier Anduaga che, anche lui, sembra non risentire del grande impegno appena assolto.

Con Xavier Anduaga

Non so quali e quanti ascolti mi riserverà il futuro anche perché, date le oggettive difficoltà che stiamo vivendo, muoversi, dati i costi, mi sarà sempre più difficile…vedremo! Felice comunque di aver ascoltato ancora una volta dal vivo una delle opere che amo di più e soprattutto di aver ascoltato Lisette in questo suo debutto. Grazie a Guido Palmieri sempre in prima linea per le fotografie “da vicino”…le mie sono sempre difficoltose! Grazie ad Eugenio Osso per le foto “in esterno” Next!

Applausi!!!