Ci sono due opere che non amo particolarmente (non chiedetemi il perché, perché non so darvi una spiegazione): una è La Traviata e l’altra è Madama Butterfly. Ci dev’essere un motivo particolare quindi se “mi muovo” per ascoltare una di queste due opere. In questo caso la presenza in Italia di una cantante che amo molto, Klàra Kolonits della quale ho già scritto in passato. Per poterla sentire in teatro, sono “emigrato” fino a Budapest, sua città di origine.
Parto subito da lei. Conoscendo bene le sue capacità a livello tecnico e la sua facilità nel canto di coloratura sapevo che non avrei avuto sorprese nell’esecuzione della grande aria e così è stato, chiusa tra l’altro con un Mib sopracuto emesso con una facilità che sempre mi sorprende e mi esalta. Quello che mi ha lasciato senza fiato è stato tutto quello che è venuto dopo e tutto in crescendo! Come tutti ben sanno, il luogo comune recita che, per questo ruolo ci vorrebbero “più soprani” messi insieme perché normalmente chi risolve il primo atto con la leggerezza che la scrittura richiede se la deve poi vedere con la drammaticità degli altri due e viceversa. La vocalità di Klàra è l’ideale per tutto questo ma il grado d’intensità che raggiunge nell’ultimo atto è addirittura sorprendente ed emozionante. Tutto ciò è stato esaltato dalla visione del regista Renato Bonajuto che vede Violetta totalmente sola ad immaginare solamente il ritorno di Alfredo e degli altri personaggi. Tornando a Klàra che dire? Ho capito che questo personaggio per lei è molto importante. Lo vive nota per nota, frase per frase. Crea una Violetta reale, cosciente della sua malattia ma non per questo mancante della voglia di vivere. Anche nel duetto con Germont padre si mostra determinata e mai “piagnucolosa” regalandoci un “Dite alla giovine” di una semplicità disarmante e privo dei soliti “orpelli vocali”. Il miracolo lo compie con l’ultimo atto: esegue le due strofe dell'”Addio del passato” come poche volte mi è capitato di ascoltare e così tutto quello che viene dopo. Nella sua Violetta c’è tutto: vocalità, musicalità, interpretazione e tanti ma tanti colori. Io aspetto sempre al varco i soprani che cantano questo ruolo alla frase “Ma se tornando non mi hai salvato…”, frase che io considero l’essenza dell’opera: ieri sera Klàra mi ha “ucciso”! Lacrime a non finire (questo è il segno che mi fa pensare a qualcosa di eccezionale!). Posso senz’ombra di dubbio affermare che di tante Violette da me ascoltate e vissute in teatro, la sua rientra tra le più grandi insieme a quella di Edita Gruberova e quella di Yolanda Auyanet. Brava Klàra e che questa tua esibizione italiana sia la prima di tante altre future. Con tutto il mio cuore!
Il resto del cast non vede nulla di particolarmente eccezionale ma anche nulla di censurabile (a parte l’incidente nella scena della partita a carte dove, per la mancanza di una frase, nessuno ha più cantato creando un vuoto surreale. Come diceva il mio grande Maestro (con la M maiuscola!) Tristano Illersberg: “Negli insiemi devi conoscere le frasi di tutti perché ti ritroverai sempre qualche imbecille che se ne dimentica qualcuna. Solo in questo modo potrai andare avanti” Grande scuola!!!
Alfredo era il tenore Danilo Formaggia che ha avuto il merito di sostituire “last minute” gli altri due (!) tenori ammalati. Ah…la mezza stagione cosa non combina!
Molto interessante la vocalità del giovane baritono Alessandro Luongo anche se la sua visione vocale-interpretativa del ruolo non offre nulla di non scontato. Troppo stentoreo e monocorde come a voler dimostrare a tutti i costi di avere una voce. Non basta.
Puntuali ma nulla di più tutti gli altri. Mi sento di nominare solo Carlotta Vichi quale Flora spigliata e vocalmente presente.
Arrivo all’altro elemento importante della serata, il direttore Matteo Beltrami. Ogni volta che sento un’opera diretta da lui trovo sempre qualche sorpresa. Mi spiego meglio. Spesso, le opere di grande repertorio vengono eseguite con una sorta di routine che non lascia alcun segno nell’ascoltatore. Con lui non è mai così. Il suo lavoro di approfondimento sulla partitura è sempre evidente. Anche ieri sera ho assistito alla sottolineatura di frasi che spesso possono passare inosservate. Lavora sempre “con” i cantanti senza metterli in difficoltà. Il suono dell’orchestra è sempre pulito. Bello e sicuro il gesto (cosa che ho potuto verificare ed apprezzare anche “dall’altra parte” avendo cantato anni fa proprio in una Traviata con lui). Auguro a questo giovane direttore una carriera sempre in crescita perché lo merita! Non fatemi fare nomi di direttori/ciofeche che lavorano per motivi che non hanno nulla a che fare con la musica ma con la politica (uno in particolare) e forse con altri “meriti”! Molto buona la prestazione del coro.
Ho assistito alla presentazione dell’opera prima della recita da parte del regista Renato Bonajuto. L’azione è spostata negli anni Sessanta del Novecento con il suo relativo boom economico e, nella scenografia viene fatto un omaggio alla città di Novara ed al Teatro Coccia stesso. Ormai sono abituato a questo tipo di operazioni ma, in questo caso, fortunatamente, nulla della storia viene stravolto. Molto suggestivo l’ultimo atto dove l’unica illuminata è Violetta la quale, in preda ad allucinazioni, “immagina” il ritorno sperato di Alfredo: cosa che non avverrà mai. Violetta morirà sola come forse “sola” è stata in tutta la sua disperata vita.
Cronaca di una bella serata e del debutto nell’opera di Klàra in italia. Felice di esserci stato! Alla prossima.

Non ho potuto fare una fotografia con Klára perché le quinte del palcoscenico, dove l’ho incontrata, erano troppo buie. Ripropongo questa fatta a Budapest in occasione della sua memorabile Lucia che molto gentilmente mi ha firmato a ricordo della serata!