
Si ricomincia ad andare a teatro ed anche Il Carlo Felice di Genova, pur con la ormai consueta programmazione a spizzichi e bocconi, riesce a proporre un titolo interessante e con un cast adeguato. Interessante per chi, mi direte, dato che la sala era popolata in parte da scolaresche (ed era la prima, cosa mai vista) alle quali è stato praticamente regalato il biglietto? La mia impressione è che la mia città sia morta anche sotto questo aspetto. Genova, una città sempre molto vivace dal punto di vista musicale e che, per esempio, ha visto Richard Strauss dirigere le sue “Arabella” nel 1936 e “Feuersnot” nel 1938 oggi sembra aver perso quell’interesse e quella vivacità. La pandemia ha ovviamente fatto la sua parte e la gente ha ancora probabilmente paura e sceglie di rimanere a casa e non rischiare. In ogni caso le stagioni del prima pandemia hanno visto degli esauriti solo con opere di grande repertorio…magari con dei cast da sotto-provincia. Rassegnamoci. Anna Bolena è un titolo di grande interesse per me; un’opera che ho imparato ad amare fin dalla mia adolescenza grazie ad una incisione con Elena Souliotis, cantante a me molto cara. Assente da Genova dal 1869, come risulta dalla bellissima pubblicazione “Due secoli di lirica a Genova” a cura di Edilio Frassoni, indimenticato musicologo genovese, vede completato, con questo allestimento, il ciclo delle “Regine” creato da Alfonso Antoniozzi con le bellissime scene e videoproiezioni di Monica Manganelli. Avevo già visto questa produzione, quando è nata, a Parma e questa ripresa mi è sembrata un po’ “buttata li…”. Non mi era piaciuta, e confermo questa impressione, l’accozzaglia di stili diversi nei pur bei costumi (Gianluca Falaschi). E’ migliorato però quello della Seymour (che insieme alla parrucca sembrava comunque Jean Harlow pronta per un cocktail) e, questa volta, si è pensato di lasciare Anna da sola ad indossare un abito che poteva ricordare la sua epoca. Tutto ovviamente voluto ma non di mio gradimento. La scelta non mi è chiara in quanto per le altre due opere tutti vestivano abiti dell’epoca in cui si svolge l’azione. Francamente non ho volutamente letto le note di regia in quanto io sono convinto che uno spettacolo non si deve spiegare. Si deve capire senza spiegazioni altrimenti è una battaglia persa…e qui, fortunatamente, ci troviamo, in ogni caso, davanti a qualcosa di gradevole e non dissacrante! La regia lasciava “cantare” gli interpreti e di questi tempi è già molto. Irrilevanti le “coreografie” (che io chiamerei piuttosto “movimenti scenici”) di Luisa Baldinetti.

Vorrei concentrarmi sull’aspetto musicale e su quello prettamente vocale. Queste sono opere che oggi, per essere eseguite al meglio, necessitano di interpreti specializzati nel repertorio belcantistico e qui avevamo tre stelle di prima grandezza: Angela Meade, John Osborn e Sonia Ganassi.

Il soprano americano Angela Meade non ha deluso le mie aspettative. A dispetto di “proporzioni” visive alle quali non siamo forse più abituati, sfodera una vocalità che fa passare in secondo piano quell’aspetto. La voce è enorme e, come direbbe un mio caro amico, “non è un soprano! E’ una cooperativa di soprani!!!” . Nonostante ciò, crea, con una notevole tavolozza di colori dovuta ad una tecnica solida, un’interpretazione di tutto rispetto. Riesce a creare degli stupendi pianissimi e, con una voce di quella portata, non è cosa semplice. Questo impervio ruolo, che Edita Gruberova definiva “la mia piccola Brunilde”, mette a dura prova chi lo affronta. La Meade arriva alla temutissima scena finale senza dimostrare segni di stanchezza e si porta via un successo personale notevole…per il pubblico assonnato di Genova. Mi è piaciuta veramente molto.

John Osborn, da me ascoltato in più occasioni: Arnold nel Guillaume Tell rossiniano a Torino, Fra Diavolo di Auber a Roma e Tonio nella Fille du Regimènt a Siviglia si conferma come uno dei migliori tenori odierni per questo repertorio. Al debutto nel ruolo di Percy, scala la vetta della sua tessitura con estrema facilità. Grande legato nei cantabili, agilità perfetta e straordinaria proiezione vocale. Per la prima volta ho ascoltato per intero la sua prima aria che presenta una cabaletta veramente impegnativa. Bravo!!! Grandissimo successo personale! Come per la Meade, un onore per il teatro della mia città poterlo ospitare ed un piacere per me non dover andare all’estero per poterlo ascoltare.

Sonia Ganassi è la veterana dei tre. L’ho ascoltata in questo ruolo per ben quattro volte: Vienna Musikverein, Vienna Staatsoper (con Edita Gruberova), Parma con la mia cara amica Yolanda Auyanet e adesso Genova, città da lei particolarmente amata. La Ganassi è una vera conoscitrice del repertorio belcantistico basti ricordare tutte le sue interpretazioni rossiniane (ricordo un suo Barbiere qui a Genova con Blake anni fa e Cenerentola con Florez). Ultimamente ha affrontato anche ruoli al di fuori da questo repertorio come, per esempio, Santuzza ed Eboli (da me ascoltata a Marsiglia e veramente notevole!) ed anche qui l’ho sempre trovata appropriata. Seymour è l’antagonista di Anna ed è un ruolo molto lungo e complesso sia vocalmente sia interpretativamente. Pur con le incursioni in un repertorio più “pesante”, la vocalità è sempre adeguata ed il personaggio negli anni è sicuramente ed ulteriormente maturato. Molto brava!

Nei panni di Enrico VIII, Nicola Ulivieri si dimostra all’altezza del compito proponendo un canto elegante ed una vocalità morbida e senza forzature. Il ruolo è ingrato in quanto canta moltissimo ma non ha un’aria che dia completezza al personaggio. In ogni caso, almeno per ora ed intelligentemente, Ulivieri non si è discostato da questo repertorio che gli ha dato molte soddisfazioni.

Nel ruolo “en travesti” di Smeton Marina Comparato canta molto bene le sue due arie (la prima per intero, cosa da me mai sentita in teatro tra tutte le Bolene a cui ho assistito) e, grazie anche ad un fisico adeguato, rende perfettamente questo personaggio tormentato dall’amore per Anna, amore inconfessato che sarà anche la rovina della povera regina.

Completavano adeguatamente il cast Manuel Pierattelli e Roberto Maietta rispettivamente nei ruoli di Hervey e Rochefort. Piccolo appunto: dato che Rochefort ha una scrittura vocale inequivocabilmente di basso perchè affidare il ruolo ad un baritono chiaro che evidentemente “sifoneggiava” nelle note gravi? Bassi giovani a cui far cantare ruoli non protagonistici e far così fare esperienza ne abbiamo? Direi di si!


Il direttore era Sesto Quatrini. Il curriculum che lo presenta è di tutto rispetto ma, personalmente, ho trovato una direzione abbastanza frettolosa e poco attenta alle esigenze che le voci hanno in questo repertorio. Sfasi qua e la vedevano un’orchestra non al massimo delle possibilità e capacità. Non mi sono risultate chiare certe sonorità scelte nei recitativi dove, negli accordi ribattuti tra una frase e l’altra, il primo era sempre forte e quello a seguire “nascosto”. Lo puoi fare un paio di volte per creare un effetto ma sempre fa diventare noioso il tutto. Buona la prova del coro diretto da Francesco Aliberti.

Alla fine grande successo per tutti, nonostante un pubblico discretamente distratto (vedi due ragazze nelle mie vicinanze che parlavano in continuazione armeggiando con il cellulare) per una produzione che vale sicuramente la pena di andare a vedere ed ascoltare. Piccola nota polemica: nessun responsabile della produzione era presente ai ringraziamenti finali. Questo la dice lunga sulla serietà di un teatro che si definisce “importante” e che, però, permette una cosa simile. Inaudito!

Saluti finali ad amici e colleghi genovesi. I protagonisti, nonostante la prova faticosa, sono stati molto gentili ed ho potuto scambiare qualche parola con loro. Certo che, con queste beate mascherine, si fa una fatica e si rischiano spesso brutte figure! Alla prossima…che non anticipo per scaramanzia!




Come sempre una critica puntuale e onestoa.
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