
Eccomi per la cronaca di una serata che difficilmente dimenticherò per tanti motivi. Come si sa il momento è difficilissimo. Partiti da casa in auto (sempre con Guido Palmieri, con il quale condivido sempre queste trasferte), ascoltiamo alla radio le ultime notizie relative al repentino aumento di contagi ed il cuore si rimpicciolisce sempre di più. Io ho obiettivamente paura ma allo stesso tempo mi sforzo per cercare di vivere il più normalmente possibile, sempre nel rispetto di me stesso e degli altri. Già la Scala i giorni scorsi aveva rimandato la presentazione della stagione 2020/2021 e quasi pensavamo che cancellasse anche gli eventi della stagione autunnale ed eravamo pronti a perdere anche questo concerto che vedeva Anna Netrebko riprendere a cantare dopo essere stata contagiata dal virus. Concerto confermato. Si va. Arrivati a Milano, parcheggio Famagosta, non ce la sentiamo di usare la metropolitana e decidiamo di usufruire del servizio taxi Uber, già sperimentato all’estero e molto conveniente. Traffico scarso per essere un’ora di punta. Conducente simpaticissimo con il quale scambiamo impressioni sulla attuale situazione e che ci dice essere molto preoccupato per il suo lavoro dato il drastico il calo delle corse. Arrivati alla Scala si presenta uno scenario surreale al quale ormai purtroppo siamo abituati (ma non ci si abitua mai abbastanza!): persone con il volto coperto dalla ormai consueta mascherina, persone tra le quali cerchi di riconoscere magari volti conosciuti, cosa ormai resa impossibile da quella copertura.

Entriamo. Misurazione della temperatura. Gel disinfettante per le mani. Ormai siamo abituati anche a questo. La sala si presenta come da fotografia con tutti i cartelli evidenti sui posti non occupabili. Grande tristezza ma anche contentezza per la volontà di non chiudere (almeno per ora) come ha fatto il Met a New York! Piccola nota polemica (non sarei io!): un noto quotidiano ha pubblicato recentemente un articolo dove si diceva che “…alla Scala la maggior parte del pubblico non porta la mascherina”. Balle. Terrorismo giornalistico. La gente che va a teatro non è sprovveduta. Non è a teatro che ci si contagia ma gli ambiti sono ben altri. Ieri sera non ho visto una sola persona che non la portasse!!!

L’orchestra è disposta con i giusti distanziamenti su tutto lo spazio disponibile del palcoscenico; ma quanto è grande? Ci ho pure cantato ma visto dalla posizione che occupavo mi sembrava ancora più grande. L’emozione è grande. Considero un privilegio poter assistere ad un evento musicale in tempi in cui tutto è sempre più difficile.

Arriva Chailly che apre il concerto con la sinfonia che Verdi scrisse per la prima scaligera di Aida in sostituzione del breve preludio e che fu da Verdi stesso ritirata dopo un’audizione privata. Interessante lavoro che fa pensare, attraverso temi importanti estratti dall’opera, al concetto wagneriano del leitmotiv ma…se Verdi la ritirò un motivo ci sarà.

Arriva la Diva con un vestito che solo le vere Dive si possono permettere di indossare e subito è magia. Lo so che questa cantante è o amata o odiata e questa è una caratteristica che accomuna i veri grandi. Apre bocca dando voce alla schiava etiope Aida (Ritorna vincitor) e la sala si riempie di una voce piena di armonici, bella e dal colore scuro (a mio avviso non artefatto come tanti sostengono). Su “Numi pietà” iniziano a scorrermi lacrime di commozione che non riesco davvero a contenere. Stessa cosa succederà nell’aria successiva (Don Carlo Tu che le vanità) dove la Netrebko mostra la grandezza e allo stesso tempo la fragilità della regina. La commozione mi travolge. Soffrono anche le lenti a contatto!
Il concerto prosegue con la Danza delle Ore da La Gioconda di Ponchielli. La sala si scalda ulteriormente. Anna canta Suicidio. Ci crede veramente. L’intensità che ne viene fuori è impressionante. L’aria è estremamente difficile ma lei gestisce tutto con estrema facilità facendola sembrare una passeggiata. Non si avvertono, almeno per ora, “scalini” tra i vari registri. Una meraviglia.

Dopo l’intervallo cambio d’abito e si riparte con Adriana Lecouvreur, opera da lei debuttata lo scorso anno. Preceduta dal preludio dell’ultimo atto, la Netrebko fa di “Poveri fiori” un piccolo capolavoro. Non è paragonabile ma soprattutto non si deve paragonare alle Adriane storiche. Lei è lei e questa è un’altra caratteristica che distingue i “grandi cantanti” dai “bravi cantanti”. Viene giù il teatro. A seguire il preludio del terzo atto di Madama Butterfly e un commovente “Un bel dì vedremo”. La Netrebko è riuscita a farmi digerire un’aria che, al pari di “Di Provenza” della Traviata, detesto con tutte le mie forze, forse per un abuso nelle esecuzioni. Il concerto si conclude con l’intermezzo di “Manon Lescaut” ed un disperato “Sola, perduta e abbandonata” dove la cantante sfodera tutta una serie di dinamiche impressionanti. Ci regala come bis una travolgente e simpatica Musetta. Esco da teatro carico e, per un momento, dimentico quello che ci sta accadendo. La musica, da esecutore e da ascoltatore, è la mia vita e la musica dal vivo mi manca tantissimo. Approfitto di questi sprazzi con la speranza che si possa tornare a vedere i teatri pieni e tutte le persone che vivono di questo lavoro riprendere in pieno l’attività.
Che dire di Riccardo Chailly. Personalmente non mi ha mai convinto. Trovo che sia un direttore del tipo “quanto sono bello e quanto sono bravo”. Si “dirige addosso”. Il gesto non mi piace. Ci sono stati infatti piccole incomprensioni con i primi violini dovute proprio ad un gesto poco chiaro. Anche con la Netrebko c’è stato qualche problema. Sembrava non essere interessato alle sue intenzioni ma solo seguire una sua idea senza condividere quella della cantante. Io non dico che i cantanti debbano per forza essere assecondati ma devono essere in genere curati, seguiti, a maggior ragione se ci troviamo davanti ad una grande interprete. In una situazione del genere è il solista che comanda. In ogni caso anche per esempio nella Danza delle Ore c’era poca brillantezza, poco vigore nonostante la bellezza del suono dell’orchestra della Scala che si conferma sicuramente come una delle migliori a livello europeo.

Una mia considerazione assolutamente personale su Anna Netrebko. Non sono mai stato un suo estimatore, soprattutto nella fase della sua carriera in cui cantava Puritani e Lucia. La trovavo imprecisa nelle agilità, con sopracuti spesso “corti” e forzati. Ma era un’impressione legata all’ascolto di registrazioni…che spesso confondono. L’ho ascoltata due anni fa per la prima volta a New York in Tosca e me ne sono innamorato. La scelta di questo nuovo repertorio è vincente. La cantante possiede una tecnica solidissima che le consente un dominio totale su tutta la gamma della voce. Esegue delle messe di voce spettacolari e sostiene dei pianissimi sui suoni acuti veramente impressionanti (ricordo un suo meraviglioso Do acuto in “D’Amor sull’ali rosee” in Trovatore a Verona lo scorso anno!). I detrattori sono molti ma, come ho detto, è tipico dei grandi: o si amano o si odiano. Difficile che ci siano mezze misure. Io la amo. Dovrebbe, se tutto sarà confermato, cantare sempre alla Scala il 15 novembre in un concerto dedicato al repertorio russo. Speriamo. Io ci sarò!

Condivido appieno le parole di Riccardo Ristori , aggiungo di mio una cosa già detta : 10 minuti di musica e canto dal vivo non sostituiranno MAI, le più belle e perfette registrazioni audio e video. La musica é vita e deve essere fruita dal vivo !!!!
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